Con l’ultima tornata elettorale il governo Conte si è consolidato. Industriali e gruppi editoriali, accantonata la spallata, puntano a condizionarne le scelte candidandosi alla cogestione. Un clima diverso si respira nel quadro politico e nel rapporto tra partiti.

 

Qui si intravedono fibrillazioni e movimenti sotterranei i cui effetti saranno visibili man mano che ci si avvicina all’elezione del Presidente della Repubblica ed alle elezioni politiche che seguiranno. Ma alcune tendenze sono già visibili ed in atto. Si è arrestata la tendenza all’espansione dei populismi: la Lega nazionale di Salvini si è fermata, cede spazi verso una destra più strutturata e dovrà fare i conti con una componente più localistica; il M5s ha già perso buona parte del suo elettorato proveniente da destra e sta cominciando a perdere quello proveniente da sinistra.

Il tripolarismo sembra già tramontato, mentre si rafforza la personalizzazione della politica, favorita dalle leggi elettorali locali e dal ruolo che le regioni sono state chiamate a svolgere nella pandemia. Si va verso un bipolarismo plurale, con due macroaree articolate in componenti. Il confronto politico nei prossimi mesi si concentrerà sugli equilibri interni a ciascuna area. Nel centro destra tutto dipenderà dalla emersione o meno di una componente di centro, mentre nell’area che comprende M5s, minicentristi, Pd e ciò che resta alla sua sinistra saranno possibili diversi scenari e saranno coinvolti tutti i soggetti. Limitiamoci, per il momento, all’area di sinistra. Sul manifesto già se ne parla a partire dalla forma: partito, campo, area o rete di sinistra ecologista.

Falsa partenza, a mio parere. Innanzitutto perché l’accentuazione delle tendenze al bipolarismo ed alla personalizzazione/leaderizzazione ci hanno messo di fronte ad un problema ineludibile: o si accettano alleanze forzate per evitare il peggio o si è destinati alla scomparsa/irrilevanza. Il che significa che la difesa dell’identità di un soggetto di sinistra è messa alla dura prova della sua consistenza: senza questa la testimonianza perde i connotati politici e slitta verso forme di appartenenza similreligiose. Ma ci sono altri fattori, perlomeno tre grandi novità, che sono intervenute improvvisamente ed insieme nell’arco dell’ultimo anno e che stravolgono vecchi schemi ponendo problemi veramente vitali per la sinistra. Provo ad accennarli.

A) I cambiamenti. La sinistra ha rivendicato per anni grandi cambiamenti, una nuova direzione del modello di sviluppo verso la sostenibilità ambientale e sociale. Ebbene oggi non sono più relegati all’opposizione, ma sono assunti addirittura dalle istituzioni europee e proposte agli stati nazionali.

B) Le risorse. Dopo anni di lotte contro l’austerità, d’ostacolo ogni tentativo di sviluppo, oggi, vengono rese disponibili, per la prima volta dal dopoguerra, risorse (sulla dimensioni e tempi di erogazione sarebbe più onesto essere più cauti e realisti) che rendono avviabili processi di riconversione e di innovazione.

C) Il governo. Possibilità di cambiamento e risorse necessarie sono affidate non ad un governo nemico, ma ad un governo che comprende, in Italia, sia tutte le componenti di sinistra che il M5s, che aveva, addirittura prima di altri, alzato le bandiere dell’innovazione e dell’ambiente. È arrivato il socialismo? No di certo. Le risorse sono i gran parte prestiti, aumenteranno il debito pubblico, la loro destinazione sarà controllata, ma, non c’è dubbio, che la sinistra è di fronte ad un grande sfida: provare a realizzare in parte quello che ha sempre detto di volere.

Il che richiede qualcosa di più e di più grande di una operazione di ri-assemblaggio di ceti, siano essi politici o civili, di una scorciatoia organizzativa sotto forme già sperimentate e fallite (federazioni, reti, alleanze nominalistiche..).  Servirebbe, se vogliano stare all’altezza della nuova sfida di cui siamo parte, assumersi con coraggio la paternità e la maternità del processo che sta nascendo. Quindi, per essere concreti e tempestivi, decidere sui progetti che si stanno varando e che condizioneranno il nostro futuro e quello dei giovani se condividiamo metodo e merito, se vogliamo influire sulle priorità e sugli obiettivi di fondo, e su quali.

Per essere ancora più concreti: le tre direzioni indicate dall’Europa, e le sei priorità indicate dal governo (digitalizzazione, transizione ecologica, infrastrutture, salute, istruzione, equità sociale) le condividiamo o vogliamo sottolineare alcune priorità? Ancora meglio: vogliamo precisare che tutti, tutti i progetti dovranno avere come denominatore comune la crescita del lavoro e dei redditi connessi e quindi pretendere che ciascun progetto indichi le quantità, le tipologie, e le ricadute sui territori? La centralità del lavoro può essere qualcosa di più di uno slogan?

La nuova sinistra dovremmo volerla generare cimentandoci con questi problemi, uscendo dal silenzio e coinvolgendo giovani, soggetti sociali e movimenti. Ha poco senso continuare a fare da spettatori nella partita tra Mes sì e Mes no, che piace tanto ai politici che non hanno altro da dire.