Il mezzo meccanico si avventura sulla porrettana dove, a Porretta, ti aspetta ‘Valerio’ per una piadina al culatello. E mentre centellini il tuo Sangiovese vai col pensiero a John Cage, di quando una vita fa lo seguisti sul ‘suo’ treno e scopristi Four walls. Piove, c’è una frana, lunghi giri per arrivare a Pavana. Pavana come Figueres. Lui è dentro, seduto, che invita ad entrare. Siamo in cucina, in una di quelle cucine di una volta con l’acquaio, il tavolo lungo, i gatti che girano in tondo e un caffè subito in arrivo offerto dalla sua Gala, fortissima presenza ma quasi impalpabile.

Ci parli del periodo di giornalista alla Gazzetta di Modena?
Durò un paio d’anni, era un mestiere che mi era congeniale e, lo dico senza falsa modestia, ero anche bravo; è stato un periodo divertente, faticoso ma anche schiavistico. Non avevo un giorno di riposo, lavoravo sette giorni su sette per 20.000 lire, che erano poche anche per quell’epoca. Oltre alla cronaca mi interessavo anche di spettacoli. E anche di terze pagine, con inchieste varie.  Fui io invece ad andarmene. Dopo due anni mi diedero due settimane di ferie e,al ritorno, in busta paga trovai diecimila lire anziché venti. La metà allora la davo in casa perché si usava così. Non mi pagarono le ferie dopo due anni di presenza ininterrotta! E allora li mandai al diavolo. In compenso, la sera, andavo per balere insieme a degli amici orchestrali.

Scrivesti un articolo su Modugno di cui poi ti vergognasti. Per caso lo conservi ancora?
No, purtroppo no. O fortunatamente. Perché me ne vergogno ancora. Feci, in quell’occasione, il giovinetto saccente, supponente. Parlai di Modugno con la puzza al naso, senza alcun rispetto.

Che importanza ha avuto, nella tua formazione, il rock?
Fondamentale. Rock around the clock ha rivoluzionato il mondo  della musica leggera.  Gente come Little Richard, Jerry Lee Lewis irruppero nel nostro panorama con una forza indescrivibile. Ma anche il blues  ha avuto una forte influenza su di me. Ma ti dirò che, nel mio caso, a parte strimpellare la chitarra da adolescente, la mia formazione è segnatamente letteraria (tutte le pareti delle sue stanze sono letteralmente ‘tappezzate’ di libri, ndr).

I Nomadi e l’Equipe 84, che rapporti hai avuto con loro?
Devo dire che non conoscevo molto bene i Nomadi. Più che i Nomadi, ero amico del loro produttore e arrangiatore,Dodo Veroli; dell’Equipe conoscevo il loro batterista, Alfio Cantarelli, e il loro bassista e arrangiatore, che costituivano tutti un gruppo di modenesi.

Da dove nasce la tua esigenza di scrivere?
Ti dirò, da bambino la mia idea era quella di fare da grande lo scrittore. Il mio primo romanzo, mai pubblicato, è dell’84. Ad un certo punto – la cosa era nell’aria – ho deciso di chiudere con le canzoni. Conobbi Loriano Machiavelli che mi invitò alla presentazione di un suo libro. Avevamo avuto un’idea che, d’acchito, era stata bocciata. Poi invece Antonio Franchini, allora editor della Mondadori, ci chiese perché non la sviluppassimo noi. Così è nato Macaroni cui sono seguiti altri cinque titoli con il Maresciallo Santovito.

Non ti sei interessato solo di gialli. L’ultimo libro, «Trallumescuro» , ha un’attenzione particolare al lessico e mischia il vernacolo con il linguaggio colto. Senza fare paragoni irriverenti, sembra tuttavia un’operazione gaddiana.
Sei troppo buono, se era questa la tua intenzione ma sì, l’operazione era questa quando ho cominciato a scrivere un ciclo. Cronache epafaniche prende le mosse da una Pavana ancora viva, piena di fermenti; già in Vacca d’un cane cambio il linguaggio, parlo di Modena mentre invece Cittanova blues è dedicata a Bologna. Il cerchio si chiude con Trallumescuro, il ritorno ad una Pavana morta abitata ormai da una manciata di anime. In quest’ultimo romanzo presto una particolare attenzione al lessico, al linguaggio, al vernacolo, alle diversità linguistiche. Io ho tradotto Plauto in pavanese.

Parlacene!
In pavanese ho tradotto la Casina, l’Aulularia, la Mostellaria che sono poi state rappresentate dal gruppo Dilettanti Pavanesi. Se ne sta interessando anche il professor Lorenzo Filipponio, un glottologo che insegna in Germania (autore de La struttura di parola dei dialetti della valle del Reno; la sua tesi di dottorato era stata ‘Indagine storica, teorica e sperimentale sul consonantismo delle parlate dell’Appennino bolognese nel quadro dei dialetti cisalpini’,n.d.r.).

Parlando della ‘scuola bolognese’ possiamo citare in primo luogo te, Dalla e Lolli. Al di là del loro diverso successo, chi è più grande tra Dalla e Lolli?
Ma Claudio senza dubbio. Lolli è molto, molto, molto bravo. Molto maturo. Dalla ogni tanto sconfinava nel pop; Ciao, Attenti al lupo scivolavano verso il basso. Tra me e lui poi non c’era empatia, eravamo molto diversi, in tutto, anche in tema di gusti.

Lolli lo hai frequentato?
Non assiduamente. Tu sai che sono stato io a scoprirlo. Ma dire che siamo stati amici amici sarebbe improprio, a parte il fatto che eravamo di generazioni diverse. Ci incrociavamo spesso all’Osteria delle Dame e si parlava.

Una curiosità: chi è che muore in «Canzone per un’amica»? Ti deve aver colpito parecchio se cominciavi i tuoi concerti sempre con questo brano.
Si chiamava Silvana Fontana. Era amica dei miei amici di Modena. Mi colpì la sua morte perché in fondo faceva parte del nostro gruppo e perché era molto giovane. In macchina era con un altro nostro amico che si salvò.

Quando esce «Stanze di vita quotidiana», un giovanissimo Bertoncelli azzarda che ormai tu sei finito, con tutto quel che segue. Poco dopo gli risponderai con l’invettiva de «L’avvelenata». Poi?
Fui io a chiedergli di incontrarlo e a spiegarci. Acqua passata.

Al di là della messe quasi infinita di testi iconici, ci sembra che «Eskimo», più che «L’avvelenata», sia il manifesto di una generazione, delle speranze e del ripiegamento su se stessi anche se tutto non è ancora perduto…
Sembra strano ma forse sì, mi ci fai pensare tu adesso. Sì, sì, il discorso calza. E pensare che lo comprai perché era comodo ed economico, lì per lì senza attribuirgli un significato preciso.

In un’altra intervista hai detto: «C’è una brutta aria, tant’è che io mi tengo stretto il mio certificato di nascita: ho scoperto che c’è scritto di ‘razza ariana’ . Di questi tempi può servire». Sarebbe facile chiederti cosa pensi dei tempi che viviamo, allora ti chiediamo piuttosto come andrà a finire secondo te.
Io sono pessimista quindi dico: male. Questo governo prima o poi cadrà e dopo le elezioni questa destra prenderà il potere. E speriamo che non dobbiamo aspettare un’altra guerra civile per risistemare le cose.

Dalle ultime tue riflessioni  – per esempio nell’ultimo romanzo, di cui abbiamo parlato – emerge la nostalgia, del tutto pasoliniana,  per un mondo scomparso. Sei tornato a vivere a Pavana.
Non la definirei nostalgia perché oggi stiamo meglio di allora, piuttosto malinconia per un mondo contadino che allora esisteva ed oggi non esiste più.  Pavana era l’inizio e la fine, è stata l’infanzia ed il posto dal quale sono partito, è a Pavana che pensavo allo ‘scollinamento’.

..al monte dla mé Pavna, la sóo magia e la mé forza e la mé fantasia…
Vedo che sai, che hai studiato…

Ci parli delle ‘osterie’?
Sarebbe un errore pensare che io abbia trascorso la mia vita nelle osterie. Epperò nelle osterie ci sono passato e molte cose ho vissuto in quegli ambienti; voglio parlare dell’Osteria delle Dame certo ma, anche, dell’Osteria dei Poeti, dell’osteria Gandolfi detta anche ‘del Moretto’, del Bar Moreno a Silla.

Una nuova farfalla è stata chiamata con il tuo nome (Parnassius Mnemosyne Guccinii), un asteroide (39748 Guccinii), in Messico addirittura un cactus (Corynopontia Guccinii). Insomma, puoi morire tranquillo o,perlomeno, gratificato…
(bofonchia schermendosi) …Fai tu…

Guccini è stato  immortalato in un murales dello street artist Tvboy (già autore di Amor populi che raffigurava il bacio tra Salvini e Di Maio) dipinto vicino alla sua casa di Bologna in via Paolo Fabbri, nocchiere improbabile di un barchino che sembra avere difficoltà – viste le sue fattezze – a salvarsi dai marosi ma sarà probabilmente l’unico a salvarsi dal naufragio insieme a Mauro, il suo prode secondo.