Pettena la spia, l’anarchitetto, l’artista. Tutte queste anime sono al centro della mostra in corso alla Galleria Bonelli di Milano, a cura di Marco Scotini, dedicata alla sua figura. Gianni Pettena (Bolzano, 1940 vive e lavora a Firenze) è stato uno dei pochi radical a mettersi in gioco e uscire dalla disciplina dell’architettura per entrare nel campo dell’arte, sempre con la necessità di fare spazio. Uno spazio misurato. Una volta è il cortile di un palazzo, una piazza, un’altra volta la facciata di una casa, una strada.

Non ha mai agito nel vuoto del deserto come i landartisti, come l’amico Robert Smithson che incontra a Roma nel 1969 per Asphalt Rundown, e che ritrova nel 1972 a Salt Lake City con cui visita Spiral Jetty. Pettena non agisce nel vuoto perché porta la natura in città. Usa elementi poveri e immateriali come l’acqua e la creta. Lascia l’Italia per l’America nel 1971 dove insegna e opera con la performance, i cui principali artefici sono studenti.
È così a Minneapolis alla School of Arts con i quali realizza le Wearable Chairs, sedie pieghevoli che gli studenti indossano e usano dove capita, sull’autobus o lungo un marciapiede, e le Ice House I e II. Una casa e una scuola che ricopre con l’acqua, così sfruttando le basse temperature del Minnesota ghiacciano. Pettena con un abile gesto destrutturante, tra immaginario e realtà, restituisce una nuova iconografia urbana. Altera un linguaggio pre-esistente per farne uno nuovo, il suo. Sono invece studenti di architettura quelli che partecipano nel 1972 a Salt Lake City alla Clay House e Red Line. Nel primo lavoro ricoprono le facciate di una casa con la creta agendo, ancora una volta, sull’alterazione linguistica con un elemento naturale. In Red Line, a bordo di un pick up, Pettena e gli studenti tracciano fisicamente una linea rossa sui confini della città che intende sottolineare quanto il confine disegnato sulla mappa non sia «reale».
Fin dal 1968, nei lavori italiani, la città è il campo da «gioco» di Pettena con la Trilogia: Carabinieri, Milite Ignoto, Grazia&Giustizia; lettere di cartone collocate in spazi aperti che si degradano con le intemperie, scompaiono in una forma di cancellazione fisica ma non mentale.

Durante Campo Urbano (Como 1969) irrompe sulla scena con Laundry, una serie di mutande distese da una parte all’altra della piazza del Duomo, con lo specifico intento di destabilizzare il potere religioso. Il vero spazio di azione di Pettena continua a essere il continente nordamericano.
Nel 1973 attraversa il West dallo Utah al New Mexico, dalle miniere di rame a quelle About non conscious architecture (da qui il titolo della mostra) dei nativi che costruiscono le case col fango, ancora un materiale povero, e che considerano monumenti quelle rocce giganti che si innalzano dal piatto deserto.

Gianni Pettena ha continuato a lavorare sulla natura con la ricerca sul paesaggista Olmsted e ha insegnato la storia dell’architettura diventando cantore e diffusore dell’Architettura Radicale. Ma questa è un’altra storia, ancora da scrivere.