Discorso coraggioso e radicale quello tenuto sabato 16 ottobre dal Papa ai Movimenti popolari provenienti da cinque continenti. Discorso a tutto campo che buca i muri del conformismo, della rassegnazione allo status quo e invita i Movimenti popolari a farsi protagonisti del cambiamento: sociale, economico, ambientale.

Discorso che si riallaccia a quelle tre T già annunciate in precedenza (tierra, techo, trabajo): terra, casa, lavoro.

I poveri non aspettano più e vogliono essere protagonisti: piccoli agricoltori e pescatori, braccianti, contadini senza terra ma anche abitanti delle aree periferiche senza casa e con lavori precari. È sbagliato affrontare «lo scandalo della povertà» con strategie di addomesticamento che trasformano i poveri in esseri umani privi di dignità e già nel titolo del suo discorso chiama il popolo del Movimenti sociali «Poeti sociali» perché: «Voi siete poeti sociali, in quanto avete la capacità e il coraggio di creare speranza laddove appaiono solo scarto ed esclusione. Poesia vuol dire creatività, e voi create speranza».

«Il cambiamento personale è necessario» dice papa Francesco ma ammonisce che «è anche imprescindibile adeguare i nostri modelli socio-economici, affinché abbiano un volto umano, perché tanti modelli lo hanno perso».

Secondo Francesco è necessario che si affrontino insieme »i discorsi populisti d’intolleranza, xenofobia, aporofobia – che è l’odio per i poveri –, come tutti quelli che ci portano all’indifferenza, alla meritocrazia e all’individualismo, queste narrative sono servite solo a dividere i nostri popoli e a minare e neutralizzare la nostra capacità poetica, la capacità di sognare insieme».

Andando oltre, Francesco affronta direttamente i problemi attuali ed esorta a sognare «perché in questo momento non bastano il cervello e le mani, abbiamo bisogno anche del cuore e dell’immaginazione: abbiamo bisogno di sognare per non tornare indietro». Perché «Il futuro dell’umanità è in gran parte nelle vostre mani, nella vostra capacità di organizzare, di promuovere alternative creative», aggiunge «I sogni sono sempre pericolosi per quanti difendono lo status quo, perché mettono in discussione la paralisi che l’egoismo del forte e il conformismo del debole vogliono imporre».

Tocca poi un interrogativo in cui tutti noi ci dibattiamo quotidianamente, ovvero come si esce dalla crisi pandemica?: «Da una crisi non si esce mai uguali. Da questa crisi della pandemia non usciremo uguali: o ne usciremo migliori o ne usciremo peggiori, come prima no, certamente vogliamo uscirne migliori, ma per questo dobbiamo rompere i legacci di ciò che è facile e dell’accettazione passiva del “non c’è alternativa”, del “questo è l’unico sistema possibile”, quella rassegnazione che ci annienta, che ci porta a rifugiarci solo nel “si salvi chi può”».

Altro argomento tabù è quello della corsa agli armamenti: «Mi preoccupa il fatto che, mentre siamo ancora paralizzati, ci sono già progetti avviati per riarmare la stessa struttura socioeconomica che avevamo prima, perché è più facile. Scegliamo il cammino difficile, usciamone migliori».

E poi una riflessione sui giovani privi di speranza e di futuro «ci sono molti giovani che sono tristi, che forse per sentire qualcosa in questo mondo hanno bisogno di ricorrere alle consolazioni a buon mercato che offre il sistema consumistico e narcotizzante. E altri – è triste – altri scelgono proprio di uscire dal sistema».

In ultimo Francesco affronta i temi oggi su cui le forze politiche si dibattono: il salario universale e la riduzione della giornata lavorativa.

«Un reddito minino (l’Rmu) o salario universale, affinché ogni persona in questo mondo possa accedere ai beni più elementari della vita. È giusto lottare per una distribuzione umana di queste risorse. l’altra è la riduzione della giornata lavorativa. E occorre analizzarla seriamente. Nel XIX secolo gli operai lavoravano dodici, quattordici, sedici ore al giorno. Quando conquistarono la giornata di otto ore non collassò nulla, come invece alcuni settori avevano previsto».

Che dire? Francesco ancora una volta fornisce un’interpretazione radicale e illuminante e di speranza per scongiurare la catastrofe umanitaria e ambientale.