La sinistra politica e sociale si interroga con preoccupazione su due aspetti che anche la scienza politica analizza da un diverso punto di vista. L’aumento dell’astensione elettorale in un sistema politico in cui i partiti si sono ridotti a «ceto politico»; la rinuncia delle strutture statali – almeno in Europa e negli Usa – a governare i processi economici e quindi a influenzare la vita quotidiana delle persone. Aspetti che spiegano la popolarità delle teorie del complotto, dei populismi sostenitori di un impossibile protezionismo e della «preferenza nazionale».

IL PIÙ RECENTE libro di Giorgio Galli – scritto con Mario Caligiuri e una appendice di Roberta Calderazzo, Come si comanda il mondo. Teorie, volti, intrecci (Rubbettino, pp. 234, euro 16) – si misura in presa diretta con questi problemi, traccia una carta inedita della fitta rete dei poteri economici e avanza una proposta per riaffermare la centralità della rappresentanza.
Giorgio Galli è oggi incontestabilmente il decano degli scienziati della politica ma a differenza dell’altro illustre esponente di questa disciplina, Giovanni Sartori, ha sempre utilizzato gli strumenti della disciplina per sottoporli a esame critico e pur senza esibire gli strumenti della sociologia marxista di strappare il segreto dei rapporti di forza sociali allo stratificarsi delle classi dirigenti. Ha poi, in una serie di volumi che hanno suscitato interesse e passione in un vasto pubblico, indagato il ruolo degli immaginari esoterici e della resistenza delle razionalità alternative femminili e popolari contro l’affermarsi della razionalità statuale agli esordi del capitalismo strettamente intrecciato all’ascesa dello stato nazionale, come ha acutamente dimostrato Gianni Arrighi nel suo Lungo XX secolo.

Di fronte all’impotenza della politica degli stati nazione la ricerca di Galli e dei suoi collaboratori sottolinea che non sono solo le istituzioni sovranazionali non elettive a produrre questo risultato ma anche e soprattutto persone e famiglie che ricorrono da molti decenni alla guida di grandi imprese, multinazionali, finanziarie. Il depotenziamento del controllo statale sull’economia rende queste figure non più partecipi di una complessa stratificazione delle élites ma protagoniste indiscusse. Il saggio di Galli utilizza dati ricavati – e riportati in un’appendice di utile consultazione – dalla ricerca di Stefania Vitali, James B. Glattfelder e Stefano Battiston dell’Università di Zurigo secondo cui «da un esame delle partecipazioni azionarie risulta che un nucleo ristretto di circa 737 azionisti detiene l’80% del controllo di tutte le più importanti 50 società, perlopiù finanziarie e bancarie, prevalentemente statunitensi e inglesi» che formerebbero una rete di proprietà incrociate che consente ai suoi membri il controllo sulle decisioni di queste multinazionali in grado di definire le scelte degli stati, la loro legislazione economica e sociale.

PER INTERPRETARE questi fenomeni il saggio attualizza le tradizionali analisi politologiche di autori quali Mosca e Pareto, Weber e Wright Mills fino al più recente David Rothkopf, ma anche le analisi anticipatrici che della concentrazione del comando capitalistico avevano fatto Hilferding nel 1910 e Lenin nel 1916.
Tuttavia, a differenza di molti altri scienziati della politica, Galli non si limita a descrivere e contemplare la formazione e la circolazione delle élites nei sistemi politici ma è anche attento alle condizioni che permettono l’emergere di soggettività sociali e a ciò si devono i suoi lavori di storia del socialismo che negli anni ne hanno fatto il politologo forse più ricco di sensibilità storica. La proposta conclusiva del saggio è dunque quella di sottoporre all’elezione su base democratica dei vertici di questi concentrati di potere che sono diventate le multinazionali, una proposta certo di difficile attuazione senza una potente mobilitazione e che però recupera, nel nuovo contesto del capitalismo finanziario, le più avanzate proposte di democrazia economica della costituzione di Weimar. Una proposta che è anche un valido antidoto alle teorie del complotto.