Da una parte, pupazzi impiccati con la foto di Lula da Silva e Dilma Rousseff, dall’altra bandiere rosse e slogan contro «i tentativi di golpe» e in difesa della democrazia. Ieri, in Brasile, è stata la volta della sinistra e dei movimenti, scesi in piazza in tutto il paese per respingere gli attacchi delle forze conservatrici. Intanto, c’era una notizia da festeggiare: il giudice federale Candido Ribeiro ha annullato l’ordine emesso dal suo collega Itagiba Catta Preta Neto che avrebbe voluto azzerare l’elezione di Lula a capo di gabinetto. Un’ancora di salvataggio offerta da Rousseff al suo mentore, per evitargli il carcere, secondo Catta, che aveva diffuso intercettazioni di una telefonata nella quale la presidente preannunciava l’arrivo della nomina «in caso di bisogno».

Una decisione perlomeno disinvolta, visto che la costituzione brasiliana vieta di intercettare il capo di stato. Oltretutto, la presidente ha dato un’altra versione della telefonata: il documento – ha detto – sarebbe servito a Lula in caso di mancata presenza, dovuta alle precarie condizioni di salute della moglie. Da qui, l’annuncio di azioni legali intraprese dal governo per sapere chi ha passato l’audio ai grandi media, che ogni giorno sbattono in prima pagina le confessioni dei pentiti del caso Lava Jato (la tangentopoli brasiliana), selezionando ed enfatizzando soprattutto le informazioni che riguardano la compagine governativa. «Attenzione – ha avvertito Rousseff denunciando l’uso politico della magistratura – così si mettono in moto i colpi di stato». Che lo scontro fra poteri sia tutto politico non è un mistero: così come non ha fatto mistero della sua appartenenza politica il giudice Catta Preto, diffondendo sul profilo Facebook foto delle marce di opposizione a cui partecipa inneggiando alla caduta del governo e al suo preferito Aecio Neves (il cui partito è altrettanto corrotto), candidato delle destre sconfitto da Dilma alle ultime presidenziali: «Questo non significa che io non sia imparziale», si è giustificato il magistrato.

Le sinistre, anche quelle più critiche delle politiche di rigore erogate da Rousseff e della deriva moderata del Partito dei lavoratori (Pt), sostengono la tesi del golpe istituzionale, messo in moto dalla campagna sporca delle destre, che nella corruzione hanno sguazzato da sempre. Così, il Movimento senza terra (Mst) e il suo leader più noto, Joao Pedro Stedile, ha diffuso un documento-appello che invita ad «andare alla lotta», a scendere in piazza anche per il 31 marzo, giorno che ricorda il golpe militare del 1964. Il paese – dice il documento – è attraversato da una grave crisi economica, sociale, politica e ambientale che colpisce tutta la società e che è collegata al contesto della crisi mondiale del capitalismo, alla situazione di dipendenza del paese, agli errori del governo in politica economica e all’avidità dei capitalisti che vogliono solo lucrare il più possibile, senza preoccuparsi dei destini del paese e della soluzione ai problemi dei settori popolari.

«Di fronte alla crisi – dice uno dei punti – c’è una disputa permanente di progetti per uscirne. I settori della borghesia, che dominano l’economia e sono allineati con il capitale straniero, vogliono il ritorno del neoliberismo. Tuttavia, non possono dire esplicitamente al popolo che vogliono privatizzare la Petrobras e diminuire le risorse pubbliche». E poi hanno perso alle ultime presidenziali. Così, «un pezzo della società, la cosiddetta piccola borghesia è andata in strada, a gridare il suo odio per spingere la popolazione a manifestare contro il governo predicando chiaramente il golpe. Travolgere Dilma è una loro necessità per riprendere il controllo dell’esecutivo, delle leggi».

Il processo di impeachment contro la presidente si è messo in marcia. Ora dipenderà dalla commissione parlamentare che dovrà decidere con una maggioranza dei 2/3. Poi, toccherà al senato. E , in caso di responso sfavorevole, la presidente verrà sospesa per sei mesi, durante i quali potrà difendersi. In quel caso, potrebbe subentrare Lula, che ha annunciato di volersi candidare nel 2018. Ma intanto sul suo cammino c’è sempre il giudice Sergio Moro, deciso a convincere il Supremo Tribunal Federal che Lula è un corrotto da eliminare. «Si è formata una triplice alleanza tra settori del Pubblico Ministero Federale, con l’appoggio esplicito della Rete Globo per creare eventi politici manipolati e condannare in anticipo Lula, creando una situazione di illegalità», scrive l’Mst.

Intanto, un’inchiesta condotta negli Stati uniti rivela che uno dei gruppi più attivi nelle proteste in Brasile, Studenti per la libertà, è finanziato dai potenti libertariani Usa e dalla fondazione di estrema destra dei miliardari Charles e David Koch (http://www.pri.org/stories/2016-03-17/brazil-youth-movement-wants-economy-open)