Nuovo giro di tavolo intorno ai morti del lavoro, tante parole, l’aria indaffarata di chi annuncia misure risolutive sulla sicurezza che non risolvono alcunché. Ora il ritornello è quello della «patente a credito» o «a punti». Il governo elogia un’unità fittizia con le parti sociali. «Ho visto molta volontà di procedere uniti insieme», ha detto ieri la ministra del lavoro Elvira Calderone. Ma le cose sono molto più sfumate, come sempre. Di unità, per esempio, non c’è nemmeno l’ombra. Cgil e Uil hanno appena annunciato un manifestazione in piazza a Roma il prossimo 20 aprile e uno sciopero per la sicurezza sul lavoro. «Non è la risposta, pur legittima, ad un’apertura al dialogo e ad un confronto partecipato che ha dato il governo» ha detto Calderone.

COSÌ, SI È SVOLTO ieri un altro incontro tra i sindacati e il governo al ministero del lavoro a Roma. Era previsto dallo scorso giugno. I tavoli saranno pur necessari, ma finiscono per annegare in una ritualità burocratica tra una morte e l’altra. Nel frattempo il lavoro ha ucciso centinaia di persone, migliaia i feriti. C’è stata la strage alla Esselunga di Firenze. Quattro giorni fa, sostiene Carlo Soricelli curatore dell’Osservatorio nazionale di Bologna, sono morte 8 persone: 6 sui luoghi di lavoro 2 in itinere. È una guerra. Quella del capitale contro una forza lavoro ritenuta sacrificabile. Nell’impotenza apparente di una politica catatonica. E di una società spettralmente ridotta al silenzio.

ABBIAMO INTESO tra i sindacalisti presenti alla riunione una tensione, una disperazione, l’impressione del girare a vuoto nonostante l’immane tragedia in corso. «Quanti altri morti dovranno passare per avere un provvedimento completo? – si è domandata Ivana Veronese della Uil – Non tutto finirà con la qualificazione delle imprese e la patente a crediti, ma ci sarà tanto da fare. Tutto finirà con la patente a crediti? Il tavolo si aggiornerà a lunedì e di nuovo, come un anno fa ci ritroveremo a parlare delle stesse cose. Non è facile lavorare su un provvedimento già fatto, è già un decreto legge, non sarà un lavoro di correzione».

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L’INSOFFERENZA di gran parte dei sindacati presenti all’incontro, tranne Cisl e Ugl, è il risultato dell’agire del governo. Prima simula un confronto, poi agisce unilateralmente. Anche perché non c’è mai tempo. Gli emendamenti al decreto che è stato discusso ieri devono essere presentati entro la settimana prossima.

«L’INCONTRO – ragionava Francesca Re David della Cgil – ha rafforzato le ragioni dello sciopero. Non si discute così di sicurezza. Continua a mancare un’idea strategica complessiva. Si interviene a spot. E soprattutto non si può intervenire nell’immediato, sull’urgenza, senza una parità di trattamento tra le lavoratrici e i lavoratori».

SULLA «PATENTE A PUNTI» il governo è stato astuto. Ha sussunto una problematica proposta dei sindacati. La «sua» patente entrerà in vigore dal primo ottobre. Sarà rilasciata dalla sede locale dell’ispettorato del lavoro. Certificherà il possesso di alcuni requisiti delle aziende. Sarà decurtata di 20 crediti in caso di incidente mortale e di 15 punti se l’incidente determina un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale. Può essere sospesa massimo per un anno in caso di fatti gravissimi. Una vita vale 20 crediti. È la gamificazione dell’esistenza, la spettacolare resa alla logica della certificazione.

OLTRE ALLE «COPERTURE economiche non chiare» della bozza di decreto ciò che contestano Cgil e Uil è la parzialità del provvedimento. L’azienda potrà continuare a lavorare con 15 crediti in meno e recuperare 5 crediti con un «corso di formazione». In questo osceno commercio di «punti» non viene al momento considerato il problema generale. Per Re David bisogna istituire «la parità di trattamento in tutta la catena degli appalti, e anche dei primi utilizzatori. Perché così non ci sarebbe convenienza a fare subappalti in proprio che abbattono il costo del lavoro». In generale «va eliminato il subappalto a cascata perché i morti lavorano in questo modo ed è qui che bisogna intervenire».

LA BOZZA DEL DECRETO non inverte la tendenza, «mancano gli interventi strutturali come il superamento della «legge Biagi del 2003 e le successive modifiche, tra cui gli appalti a cascata – ha sostenuto il sindacato di base Usb – Va rafforzata la figura dei rappresentati per la sicurezza che vanno eletti a suffragio universale. Bisogna modificare la Bossi-Fini perché migliaia di lavoratori vittime di infortuni e morti sono migranti. Va introdotto il reato di omicidio e lesioni gravi sul lavoro. Sarebbe un deterrente adeguato»