«In Cile ci battiamo per approfondire la democrazia, in Venezuela gli studenti vogliono violarla cercando di far cadere un presidente eletto». Così dice al manifesto Camila Vallejo, leader delle lotte studentesche cilene, eletta in parlamento con il Partito comunista. Nel giorno in cui a Santiago Michelle Bachelet assume la presidenza del Cile.

Qual è il suo nuovo ruolo nel governo e quale possibilità ha di realizzare gli obbiettivi dei suoi elettori?

Sono parte di un progetto collettivo che ha obiettivi condivisi dalla maggioranza del nostro popolo, e la nostra scommessa è che tanto dal parlamento come dal governo (con la ministra del Partito comunista e il nostro sottosegretario) e insieme al mondo sociale, possiamo promuovere il programma di trasformazioni profonde proposto ai cittadini dalla nuova maggioranza. Spingendo da questi distinti fronti nella stessa direzione, è assolutamente possibile realizzare i nostri obbiettivi. Il mio compito è quello di promuovere una profonda riforma educativa garantita dallo stato come un diritto sociale e non come un privilegio per chi ha i mezzi economici. Promuoverò una legge che permetta di farla finita finalmente con il lucro nell’educazione. Inoltre faccio parte delle commissioni sull’ambiente e per la Scienza e tecnologia. In entrambi i campi, il Cile non ha politiche pubbliche serie che mirino a un vero sviluppo sostenibile e io spero di contribuire a che lo stato abbia un ruolo distinto da quello attuale, in cui tutto viene lasciato all’arbitrio della necessità del mercato e di una economia predatrice che mira solo all’accumulazione e alla crescita basata sull’impoverimento. Per me è fondamentale che nel processo legislativo partecipi la gente e, così come ho promesso in campagna elettorale, realizzerò assemblee periodiche perché gli abitanti del comune la Florida non solo siano al corrente del mio lavoro nel Congresso, ma anche siano parte nel creare le leggi che presentiamo e possano dare un contributo su quel che viene discusso. Chiamiamo tutto questo rendiconti pubblici e spazi di co-legislazione popolare. Per il Partito comunista, quel che più conta è che il Cile abbia una vera democrazia e per questo abbiamo bisogno di una nuova Costituzione. Tutto il nostro lavoro in parlamento, nel governo e nelle organizzazioni sociali mira a compiere quel che l’indimenticabile compagno Volodia Teitelboim segnalava come nostro principale compito: «Rompere i lucchetti dell’istituzionalità pinochettista».

Quali sono le possibilità di arrivare a un’Assemblea costituente?

Un’Assemblea costituente, il meccanismo più democratico per arrivare a una nuova Costituzione, sarà possibile solo se la cittadinanza si batte per questo, la nostra istituzionalità attuale rende impossibile la sua convocazione immediata e sarà necessario esplorare distinte strade per ottenere che la Carta magna del Cile sia creata dalla gente. Anche se la stessa dittatura ha richiamato il plebiscito nella sua costituzione, non lo ha stabilito come meccanismo per esercitare la sovranità del popolo. Solo la lotta delle persone e un’azione conseguente dei rappresentanti nelle istituzioni renderanno possibile realizzare questa aspirazione che secondo diverse inchieste sull’opinione pubblica è appoggiata dalla immensa maggioranza dei cileni e delle cilene. All’interno di Nueva Mayoria vi sono visioni diverse sul meccanismo, però tutti condividiamo l’idea che la nuova costituzione debba crearsi con una forma ampiamente partecipativa.

Che pensa di quel che succede in Venezuela? Una certa stampa sostiene che le proteste degli studenti di destra contro Maduro siano come quelle che avete fatto voi in Cile.

Il paragone non ha senso. Noi in Cile ci siamo mobilitati per una educazione pubblica, gratuita, di qualità, democratica e non elitaria, questo in Venezuela è già garantito, appunto grazie alla Rivoluzione bolivariana. Le proteste in Venezuela non hanno espresso altra domanda che la necessità di farla finita con l’insicurezza e i suoi leader vogliono la caduta di questo governo. Per questo, nel contenuto siamo molto diversi. In Cile ci battiamo per approfondire la democrazia, loro chiedono di violarla cercando di far cadere un presidente eletto da poco tempo dalla maggioranza del popolo venezuelano. I grandi media controllati dalla Sociedad interamericana de prensa, che ha legami profondi con la Cia, capovolgono la realtà. Non ci assomigliamo né nel contenuto né nei metodi di lotta, noi cerchiamo di costruire una maggioranza sociale per il cambiamento e non abbiamo mai chiesto di attaccare violentemente le istituzioni pubbliche né i mezzi di comunicazione come fanno loro. Credo che le recenti violenze siano riprovevoli, e anche se mi sembra della massima gravità che la stampa di destra utilizzi immagini di repressione e di «violazione dei diritti umani» in Venezuela, considero fondamentale che si arrivi a ristabilire la pace per evitare qualunque colpo di stato nel paese fratello: perché non sarebbe altro che un golpe contro tutto il Latinoamerica e uno dei suoi più importanti processi di sovranità popolare. In questo senso saluto l’iniziativa del presidente Nicolas Maduro di convocare una Conferenza nazionale per la pace e di portare a termine l’indagine sulle morti avvenute nel suo paese.

Rispetto all’Alleanza del Pacifico: pensa che Michelle Bachelet si rivolgerà all’Alleanza per i popoli della nostra America (Alba) o continuerà la politica di Piñera insieme a Peña Nieto e agli Usa?

La politica estera del governo Bachelet ha come principio fondante la sovranità della nazione e il rispetto della sovranità degli altri popoli, così come la ricerca di approfondire l’integrazione del nostro continente. Credo sia necessario cambiare l’asse della politica internazionale, che durante gli ultimi governi si è basata solo sullo stabilire accordi commerciali. Siamo veri e propri fenici della diplomazia, è ora di integrarci e vederci come popoli fratelli, non solo come mercati. La Celac dev’essere a mio parere il principale spazio di integrazione di cui sia parte il nostro paese. L’Alleanza del Pacifico è un tentativo del Dipartimento di stato Usa per dividere un continente in cui predominano governi che hanno una vocazione trasformatrice e antimperialista. Rispetto all’Alba, non è parte del programma di Nueva mayoria incorporarsi a questo meccanismo di integrazione di governi e popoli che vivono processi di cambiamento molto più profondi. Tuttavia credo che il Cile debba mantenere una relazione di cooperazione intensa con le nazioni sorelle dell’Alba, così come con il Mercosur e smetterla di credersi il miglior allievo degli Stati uniti per convertirsi maggiormente in un buon vicino di quartiere.