Malgrado i suoi 40mila abitanti Elad è praticamente sconosciuta. Non sorprende. Non ci sono molti motivi per andare in questo centro abitato-dormitorio sorto nel 1998 a pochi chilometri da Petah Tiqwa. Vi abitano ebrei haredi, «timorati», ossia ultraortodossi. Non siamo a Mea Sharim e Geula, i quartieri di Gerusalemme dove risiedono le comunità e le istituzioni haredi più diffidenti verso la modernità e le innovazioni.

Però anche ad Elad la vita è scandita dai ritmi dell’osservanza delle regole della religione. Vale anche per la 38enne Michal Zernowitsky che passerà alla storia di questo voto come una delle prime due donne haredi candidate alla Knesset. L’altra è Omer Yankelevich della lista centrista Blu e Bianco. Zernowitsky è nella lista del Partito laburista.

Entrambe sono state costrette a scegliere due formazioni laiche. I partiti haredi, pur essendo da decenni nella Knesset, continuano a escludere le donne dai propri ranghi. E non sono serviti a molto gli interventi della Corte Suprema. «Per le donne non c’è posto nelle priorità delle gerarchie religiose. Decidono tutto i rabbini e gli altri si adeguano», ci dice Zernowitsky offrendoci un caffè nel piccolo appartamento dove vive con il marito e i suoi due bambini.

«La mia adesione al partito laburista è stata anche una scelta ideologica – ci tiene a precisare Zernovitsky – Sono un’attivista dei diritti delle donne haredi e allo stesso tempo dei diritti dei lavoratori, laici e religiosi, credo nella giustizia sociale. All’inizio nella mia cerchia di parenti e amici ho raccolto reazioni avverse, poi nel corso degli anni questo atteggiamento è cambiato».

La candidata laburista e la sua collega di Blu e Bianco sono espressione delle profonde trasformazioni in atto nelle comunità haredi che non riescono più a mantenersi isolate, concentrate solo nell’attività di studio dei testi sacri per gli uomini e nel ruolo tradizionale di madre e casalinga per le donne. I motivi del cambiamento sono molteplici. Le necessità economiche ad esempio.

Le donne spesso sono le uniche a lavorare in famiglia e sempre di più cercano occupazioni fuori dalle loro comunità esponendosi a culture e stili di vita che solo qualche anno fa ritenevano incompatibili con il proprio. Conta anche la diffusione di internet.

L’accesso incontrollato alla rete è vietato dai rabbini ma tanti ragazzi e ragazze haredi non ne tengono conto. «Potrei elencare decine di ragioni del cambiamento – ci dice Esty Shushan, direttrice dell’associazione Nivcharot per i diritti delle haredi – A me però preme sottolineare che le donne ultraortodosse non si occupano più solo di cucina e figli, sono inserite in tante professioni, ora anche in politica e se oggi possiamo far parte solo di partiti laici, tra qualche anno, ne sono certa, avremo accesso ai partiti degli ultraortodossi».

Le trasformazioni toccano anche il tasto delicato del rapporto tra le comunità haredi e il sionismo, l’ideologia fondante di Israele. Gli ultraortodossi rigettano l’idea di una sovranità ebraica prima dell’avvento del Messia, quindi non sono sionisti. Tuttavia una tendenza marcata degli ultimi 10-15 anni è il loro graduale spostamento verso il sionismo religioso, il nazionalismo religioso, di cui pure sono ufficialmente avversari.

«Per i nazionalisti l’esercito e lo Stato sono sacri, per noi è diverso, il sionismo non fa parte della nostra cultura e della nostra storia – dice Michal Zernowitsky – perciò nessun haredi ti dirà mai che gli piace il sionismo, ma le cose stanno cambiando. Vedo tante famiglie che mandano i figli non nei collegi rabbinici ma alle scuole dei nazionalisti religiosi, perché vogliono dargli un’istruzione più varia e non concentrata solo sullo studio della Torah e del Talmud».

Esentate dal servizio di leva per decenni, adesso le comunità haredi sono spaccate sulla legge che da qualche tempo stabilisce che una quota di giovani ultraortodossi deve andare nelle forze armate. E se, specie a Mea Sharim, la resistenza al servizio di leva resta forte al punto da sfociare in scontri con la polizia nelle strade di Gerusalemme, allo stesso tempo aumentano i giovani haredi desiderosi di fare il militare.

I riflessi in politica di questi cambiamenti sono rilevanti. In passato un ultraortodosso votava solo sulla base delle indicazioni dei rabbini. Ora guarda anche ai partiti nazionalisti religiosi e al Likud. Nelle elezioni del 2006 il 10% degli ultraortodossi scelse formazioni sioniste. Nel 2015 la percentuale è salita al 17% e quest’anno supererà il 20%.

Fino a 10 anni fa i partiti haredi erano l’ago della bilancia per la formazione di ogni coalizione di governo. Potevano oscillare a destra e a centrosinistra senza problemi, in cambio di finanziamenti pubblici alle istituzioni religiose. Non è più così. Oggi devono essere di destra, o rischiano di perdere il consenso di una parte dei loro elettori più vicini al nazionalismo. Anche su questo conta Netanyahu per veder fallire un possibile incarico di governo affidato al rivale Gantz.