Il regalo di Natale è quasi pronto: l’accordo sulle relazioni future tra Ue e Gran Bretagna, che ha deciso di lasciare l’Unione con il referendum del giugno 2016, è nella fase finale, per evitare un no deal dal 31 dicembre a mezzanotte. Grandi passi avanti sono stati fatti ieri e in serata erano in corso gli ultimi mercanteggiamenti. La Ue ha previsto per stamattina una riunione degli ambasciatori dei 27, per convalidare l’accordo.

POI INIZIA LA PROCEDURA: traduzione di centinaia di pagine di accordo, la ratifica del Parlamento europeo non può più arrivare in tempo prima del 31 dicembre, ma potrebbe esserci un’adozione provvisoria, per evitare che dal 1° gennaio vengano applicate le tariffe della Wto (Organizzazione mondiale del commercio) sugli scambi tra Ue e Gran Bretagna.

La ratifica del Parlamento europeo sarà a gennaio. Gli ultimi dettagli sono stati chiariti nella giornata di ieri a Bruxelles, tra il negoziatore britannico David Frost e la principale collaboratrice di Michel Barnier, la francese Stéphanie Riso. Barnier, del resto, ha detto di essere disposto a discutere anche il giorno di Natale, se necessario. Ieri, c’è stata una telefonata tra Boris Johnson e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, per uscire dall’impasse prima della pausa di Natale.

DOPO TRE ANNI DI NEGOZIATO, il grosso dell’accordo era già pronto da tempo. Ma restavano dei punti fondamentali: prima di tutto la questione del rispetto delle regole di concorrenza da parte della Gran Bretagna, che vuole approfittare del mercato unico e quindi deve rispettarne le regole (ambientali, sociali, di qualità ecc.). Poi c’era la governance, cioè se c’è un problema, chi giudica? Sarà la Corte di Giustizia europea. Ma in primo piano è venuta una questione di dettaglio, la pesca, che pesa molto poco negli scambi e nei pil rispettivi, ma ha un forte valore simbolico per entrambi le parti.

A SCUOTERE I NEGOZIATORI hanno fortemente contribuito le scene di disperazione e violenza di queste ore al porto di Dover, all’aeroporto di Manston trasformato in mega-parcheggio per camion e le code interminabili sulle autostrade del Kent. Con la decisione della Francia di bloccare la circolazione proveniente dalla Gran Bretagna, a causa dell’irruzione della variante potenzialmente più contagiosa del coronavirus, il traffico è andato in tilt, ieri c’erano 8mila camion destinati alla Ue e bloccati nel Kent. Ci sono stati scontri tra camionisti e polizia, c’è stato un arresto.

Parole di disperazione di camionisti bloccati, senza cibo e senza potersi lavare, che non possono lasciare il camion perché temono di perdere il posto in coda o di farsi derubare la merce e che rischiano di non poter tornare a casa per Natale: la Federazione francese del trasporto su strada ha chiesto che i ferries non si fermino, come previsto, per due giorni a Natale e Santo Stefano e al governo francese di alleggerire la burocrazia per favorire la circolazione: Secondo un ministro britannico ci vorranno “giorni” per tornare alla normalità, soprattutto nel periodo delle feste, dove i camion tra Dover e Calais salgono a circa 10mila al giorno.

L’emblema di questo caos è la coquille Saint-Jacques, il mollusco che non manca mai nelle tavole francesi a Natale e Capodanno e che quest’anno è diventato raro, le pescherie non presentano più le solite montagne di conchiglie: le capesante stanno deperendo sui camion in coda nel Kent. Un disastro economico, che illustra bene le conseguenze della Brexit senza deal (anche se adesso la causa è la variante del coronavirus).

La Francia ieri ha tolto il blocco per la circolazione di persone (residenti in Francia) e camion, ma chiede un test aggiornato alla variante, la Gran Bretagna però non ha organizzato i test, i camionisti sono in gravi difficoltà (e i test costano carissimi, almeno 200 pounds afferma un viaggiatore arrivato ieri alla Gare du Nord con il primo treno Eurostar dopo il blocco. Anche il Belgio e l’Olanda hanno tolto il blocco, ma i due paesi chiedono un test negativo aggiornato alla variante.

L’ULTIMO OSTACOLO è la pesca, punto simbolico anche se economicamente non rilevante. La Gran Bretagna vuole riprendere il controllo sulle proprie acque territoriali, più pescose, ma la pesca britannica è esportata al 70% nella Ue. Voleva recuperare fino al 60% delle quote dei pescatori Ue, che era disposta ad accettare solo un meno 25%. Londra ha poi ridotto le pretese a meno 35%.Ap