Riforma del lavoro, proposta di emendamento costituzionale sulle spese, riforma delle pensioni. L’impatto di questi profondi cambiamenti che si ispirano a un progetto politico retrogrado, volto agli interessi del capitale internazionale e ai settori dell’impresa, trascinano i cittadini e le cittadine in una spirale di povertà. In questo contesto, cerchiamo di allargare lo sguardo sull’intervento federale della pubblica sicurezza di Rio de Janeiro per capirne le reali intenzioni. Secondo l’annuario di pubblica sicurezza, infatti, il nostro stato è al decimo posto negli indici di violenza, sotto Sergipe, Goiás e Maranhão. La situazione è questa, e l’intervento federale si basa su giustificazioni che non hanno alcun riscontro con la realtà. Non rimarremo in silenzio, e ci chiediamo: perché Rio de Janeiro? Gli ultimi eventi dimostrano che l’occupazione delle forze armate non ha risolto il problema dell’insicurezza. È fondamentale, anzi, esaminare il modo in cui in questi anni la presenza dell’esercito nelle strade ha «risolto» la situazione di emergenza che viviamo, e che viene nominata solo durante le elezioni. Quali sono stati i risultati di questa politica? Il generale federale Braga Netto ha dichiarato che «Rio de Janeiro è il laboratorio del Brasile». E i porcellini d’india di questo laboratorio sono i ragazzi e le ragazze nere, chi vive nelle periferie, nelle favelas, i lavoratori. La vita delle persone non può essere un esperimento per i modelli di sicurezza. Additare le favelas come posti pericolosi, spaventosi se paragonati al resto della città, rafforza il mito delle classi pericolose, come riporta la psicologa Cecilia Coimbra quando afferma che la favela viene concepita come il principale nemico pubblico. Lo scorso fine settimana nella regione metropolitana di Rio sono morte almeno cinque persone e quattro sono rimaste ferite. Quattro di loro erano donne. Alba Valéria Machado è morta mentre cercava di proteggere suo figlio, a Nova Iguaçu. Natalina da Conceição è stata colpita da un proiettile durante uno scontro tra la polizia militare e gli spacciatori di Praça Seca. Janaína da Silva Oliveira è morta mentre tentavano di rapinare Ricardo da Albuquerque. Tainá dos Santos è stata colpita da un colpo di fucile nella comunità di Vila Aliança. Sono le donne nere e di periferia che perdono i loro figli a causa di questo contesto letale. Le statistiche mostrano che a quasi un mese dall’inizio dell’intervento, la sensazione di insicurezza non è nulla più che un mero discorso politico-mediatico. Le morti hanno colore, classe sociale e territorio. Sicuramente la sicurezza pubblica non si costruisce con più armi, ma con politiche pubbliche dirette a tutti i settori, alla salute, all’istruzione, alla cultura e alla creazione di reddito e di posti di lavoro. C’è urgente bisogno di monitorare questo processo e di lottare affinché i diritti individuali e collettivi siano garantiti, in modo da preservare e assicurare l’autonomia delle istituzioni democratiche. In caso contrario, ci ritroveremo in una situazione molto pericolosa, visto il retaggio della nostra società, che non ha a cuore la democrazia e che ha un rapporto storico violento con la parte più vulnerabile della popolazione.

*

SCHEDA. Da domani in libreria il volume di Marielle Franco

Anticipiamo uno dei testi contenuti nel volume «Laboratorio favela. Violenza e politica a Rio de Janeiro. Testi e discorsi di Marielle Franco» da domani in libreria per Tamu (traduzione di Francesca De Rosa e Alice Izzo, l’edizione originale è uscita nel 2020 per la casa editrice argentina Tinta Limón). Datato 14 marzo 2018, il testo che qui pubblichiamo è stato inviato da Marielle Franco al «Jornal do Brasil» poche ore prima di essere assassinata.