Ultima chiamata per non uccidere la biodiversità
Summit Si tiene a Montreal (Canada) fino al 18 dicembre la Cop 15 sulla diversità biologica. Oltre un milione di specie rischiano di scomparire in tempi brevi
Summit Si tiene a Montreal (Canada) fino al 18 dicembre la Cop 15 sulla diversità biologica. Oltre un milione di specie rischiano di scomparire in tempi brevi
Delineare un «Quadro globale per la biodiversità post-2020»: è l’importante obiettivo che si pongono dal 7 al 18 dicembre a Montreal i negoziati della Cop15, la Conferenza delle parti della Convenzione Onu sulla diversità biologica (Cbd) che lavora dal 1992. La crisi di biodiversità è evidente. Oltre un milione di specie animali e vegetali sono minacciate di estinzione in tempi molto brevi. Occorre «arrestare e invertire il trend», a beneficio di tutti. «Umani, noi vi salveremmo, se…», potrebbe essere il motto della vita selvatica e degli ecosistemi.
IL LIVING PLANET REPORT 2022, pubblicato dal Wwf due mesi fa e che analizza 32 mila popolazioni di oltre 5 mila specie, mostra un calo medio del 69% delle popolazioni di specie di vertebrati – mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci – analizzati dal 1970 al 2018. Funesta la realtà anche per le popolazioni vegetali: specie insostituibili di alberi e piante sono scomparse. Perdita degli habitat, cambiamenti climatici sovrasfruttamento delle specie, dilagare di specie invasive, inquinamento e malattie sono concause in questa distruzione e lavorano a circolo vizioso.
ENTRO IL 2030 LE AREE PROTETTE secondo la bozza del Quadro potrebbero arrivare al 30% del totale, sia a terra che negli oceani. Ma la biologa vegetale Joan Laur, citata dal sito francese Reporterre, si chiede cosa avverrà del restante 70%… Assisteremo a un biodiversity washing? Del resto, gli obiettivi di Aichi, fissati in Giappone dalla Cop10, non sono stati raggiunti. Il Rapporto del gruppo di lavoro riunitosi a Nairobi in giugno e sul quale verteranno i negoziati (relativamente a 21 obiettivi entro il 2030 e 4 entro il 2050) è zeppo delle classiche parentesi quadre. E si parla di «incitamenti a misure urgenti», non di obblighi. Ma sembra ottimista la segretaria generale della Cbd, Elizabeth Mruma Vrema: «I paesi si rendono conto dell’urgenza; non ripeteremo i fallimenti precedenti»; e mette al centro i nessi fra estinzione delle specie, perdita degli ecosistemi e caos climatico.
«UN PASSO AVANTI», PER GREENPEACE, in vista dei negoziati Cop15 è l’accordo fra il Parlamento europeo e i governi nazionali europei su una nuova legge che impone alle aziende di dimostrare che i loro prodotti non hanno contribuito alla deforestazione, in nessuna fase della filiera di approvvigionamento. Una condizione per poterli vendere nell’Unione europea. Si compiace l’organizzazione ambientalista: «La legge si applicherà alle aziende che vendono soia, carne bovina, olio di palma, legno, gomma, cacao e caffè, e alcuni prodotti derivati come cuoio, cioccolato e mobili».
TUTTAVIA «ALTRE AREE NATURALI assai sensibili come savane e torbiere sono ancora non tutelate, così come i diritti umani delle popolazioni indigene», e oltretutto, avverte Federica Ferrario, campaigner agricoltura di Greenpeace Italia, «i governi dell’Ue hanno optato per una definizione poco rigorosa di «degrado forestale, rischia di diventare una scappatoia per chi vuole continuare a tagliare legname in modo insostenibile». Manifestazioni di attivisti di Greenpeace sono in corso in tutta Europa per chiedere ai governi di garantire a Montreal un nuovo accordo globale per la protezione della natura e un’azione più incisiva in ogni nazione.
BIRDLIFE INTERNATIONAL di cui fa parte l’italiana Lipu, ha elaborato una serie di position papers e raccomandazioni sui vari aspetti della bozza negoziata a Montreal. Il Quadro globale sarà, a seconda dei risultati, «un’opportunità subito o mai più». Oltre a rispettare e proteggere i diritti umani contenuti nelle convenzioni e dichiarazioni, per Birdlife occorrono impegni precisi da attuare entro il 2030. Ecco i minimi sindacali: «Conservare almeno il 30% delle aree di terra e mare, soprattutto quelle chiave per la biodiversità, con una gestione efficace ed equa riconoscendo i diritti dei popoli indigeni e delle comunità locali, che sono tutori e beneficiari»; ma anche «recuperare almeno il 30% degli ecosistemi degradati, con un focus su quelli più importanti per la biodiversità e la mitigazione e adattamento climatici».
E POI, «SALVAGUARDARE, RIPRISTINARE e collegare gli ecosistemi ancora intatti e le aree chiave per la biodiversità» e «ridurre perdita e degrado degli habitat naturali mediante una pianificazione che riguardi il 100% dei mari e dei territori su una scala ecologica rilevante». Non basta: togliere gli indugi sull’impegno per le specie: «Ridurre il rischio di estinzione di almeno il 20%; porre fine all’estinzione per mano umana delle specie minacciate (…); destinare alle più minacciate programmi d’azione speciali». Robusti meccanismi di monitoraggio e di applicazione dovranno vegliare e spingere.
TUTTO CIO’ RICHIEDE ANCHE SOLDI, da ridirezionare. Birdlife fornisce le cifre per dare un’idea: per allineare i flussi finanziari pubblici e privati a un’economia positiva per la natura, si riorientino i 500 miliardi di dollari annui destinati a incentivi e sussidi dannosi. E la finanza pubblica internazionale per la biodiversità richiede un passaggio di 60 miliardi di dollari annui verso il Sud globale. La bozza elaborata a Nairobi prevede un Fondo mondiale per la biodiversità, operativo dal 2025.
«PER LA SALVEZZA DEL PIANETA», il Wwf chiede ugualmente grandi ambizioni: «La Cop di Montreal deve rappresentare la svolta che l’accordo di Parigi ha rappresentato per il clima». E si può fare, purché le decisioni negoziali alla Cop15 e i piani di applicazione nazionali e internazionali lo consentano: «Il Quadro globale per la biodiversità offre un’opportunità unica per dimezzare l’impronta ecologica dei consumi e della produzione entro il 2030 e per concordare le azioni comuni su scala globale necessarie a incentivare una giusta transizione dei settori produttivi e finanziari, garantendo posti di lavoro e stili di vita, consentendo, allo stesso tempo, di proteggere e ripristinare la natura». Naturalmente per questo occorre «riorientare i sussidi a settori che danneggiano la natura» e «utilizzare gli aiuti allo sviluppo per favorire azioni benefiche per la biodiversità».
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