Di Giuseppe Prestipino, nel centenario della nascita e a due anni dalla scomparsa, Bordeaux pubblica Uguale e contrario. Ragionamento sulle mafie, un testo inedito che si compone di due scritti: Terrorismi, mafie e camorre alter ego del capitale globale e Lotte in Sicilia contro agrari e mafia, 1951-1967. Autore di studi importanti (mi limito a ricordare quelli su Marx, su Lukács, su Bloch, su Gramsci, e a rammentare le sue ricerche di estetica, di filosofia morale e di filosofia della storia) Prestipino nel primo denso e sintetico saggio sul quale mi soffermo, affronta il tema dei «poteri paralleli in quanto controfigure del potere globale, non certo – come scrive – in quanto alternativi e antagonistici nel significato proprio dei due termini». Di tali poteri paralleli, attivi a livello globale in un intreccio che ne consolida le modalità e ne articola le determinazioni, specialmente quattro vengono posti in luce: le contraffazioni commerciali realizzate ricorrendo a tecnologie abusivamente impiegate; il controllo dell’occupazione nei ranghi dell’«economia criminale»; il dominio dei circuiti mercantili planetari delle droghe; la crescente e tenace interazione di potestà e signorie, dentro l’estendersi di politiche neoliberistiche, intese a determinare «un lento languire fino ad estinguersi del vecchio Stato-nazione, senza che subentri un vero Stato sovranazionale formalmente e sostanzialmente democratico».

Si pone in evidenza così la vitalità e il moltiplicato vigore della economia mafiosa come non irrilevante fattore della ricchezza globale. Prestipino richiama l’attenzione sulle opportunità e occasioni che, nel ridursi del lavoro stabile e dipendente, le più recenti e rapidamente diffuse forme di imprenditorialità offrono alle mafie che, ricche di risorse enormi da riciclare e investire si muovono con perfetto agio nel pullulare delle «innumeri varianti di micro-imprenditoria pseudo-indipendente». Si assiste così, avverte Prestipino ad una vera e propria globalizzazione parallela accampata nella «ultramodernità con una sua etica arcaica e barbarica». L’etica arcaica che, storicamente, rivendica al codice mafioso una funzione intesa non solo a supplire, ma ad amministrare la giustizia.

«Che cos’è la mafia?» si chiede Prestipino. «La sua prima fisionomia storica, sappiamo – ci dice – è quella di un potere spietato, ma a suo modo convinto che i suoi siano fini di bene e perciò giustifichino i mezzi più crudeli». E, rifacendosi ai caratteri originari e tuttora operanti delle pratiche mafiose, considera che «la mafia può, di volta in volta, ignorare il potere politico e giudiziario o combatterlo scegliendovi le vittime designate o anche venire a patti con il potere politico e strumentalizzarlo per condurre a buon fine gli affari illeciti e insieme la ‘superiore’ missione di raddrizzare i torti e fare giustizia».
Constatata una così rilevante presenza criminale nelle forme dell’economia globale, Prestipino si chiede quali mezzi di contrasto possano essere individuati e come debbano essere efficacemente impiegati.

Egli è persuaso che processi e condanne, operazioni giudiziarie anche brillanti non ottengono risultati duraturi, che incidano a scardinare la struttura ‘produttiva’ delle mafie globali. È questo un fine, argomenta Prestipino richiamandosi alla lezione di Gramsci, che «dovrebbe saper plasmare dei suoi valori anche i mezzi impiegati, non accettando di buon grado che i mezzi fossero scelti soltanto per la loro efficacia strumentale».
Se il paradigma «uguale e contrario» che designa la mafia come ‘doppio’ (lo Stato parallelo) ha un senso, esso sollecita allora analisi e comportamenti che siano davvero capaci di andare più in profondità nella ricerca delle cause e dei rimedi. «La mia tesi» dichiara Prestipino «è che politica e Stato, oggi più che mai, sono lontanissimi da quella dimensione etico-politica che Gramsci giudicava il fine autentico della lotta per un ordine nuovo e per la città futura». Mafia, alter ego del capitale globale e Stato parallelo: l’altro nel medesimo, l’entità che ha il potere di sostituirsi, di agire ‘come se’, als ob.