È l’ultima raccomandazione ai 27 di Mutti, omaggiata per l’ultima partecipazione, 107 Consigli nella sua lunga carriera: Angela Merkel suggerisce ai capi di stato e di governo, in agitazione di fronte all’impennata dei prezzi del gas e dell’elettricità, di «separare» la discussione sull’immediato – i prezzi – dal dibattito sul programma Fit for 55, che prevede di ridurre le emissioni di Co2 del 55% entro il 2030 rispetto al 1990.

IL CONSIGLIO EUROPEO che avrebbe dovuto prendere posizione sullo stato di diritto per lo strappo della Polonia rimanda decisioni drastiche su questo fronte, mentre i leader europei spendono ore a discutere dei prezzi dell’energia, che preoccupano: tutti temono una protesta stile gilet gialli in casa. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, è soddisfatta per il «grande sostegno» dei 27 alla toolbox di Bruxelles, un «grande accordo» che significa che ogni governo può dare assegni di sostegno ai più vulnerabili (34 milioni di europei in situazione di precarietà energetica), ridurre le tasse o intervenire con aiuti per far fronte all’emergenza.

Nel breve periodo, i governi europei corrono ai ripari e la Commissione non interverrà per richiamare all’ordine. La presidente ammette che «bisogna sostenere i consumatori vulnerabili e il business altamente esposto». Alcuni paesi, la Germania, il Nord – sostenuti dalla Commissione – pensano che il rialzo dei prezzi sia temporaneo e che quindi non sia necessario intervenire sui meccanismi di mercato, che finora con l’interconnessione hanno permesso alla Ue di essere l’unica zona al mondo che non conosce blackout. Poi c’è il medio-lungo periodo: in questo orizzonte temporale bisogna intervenire sulla transizione, l’Europa è troppo dipendente dalle importazioni, è una questione di «strategia» di «sovranità del XXI secolo», di «geopolitica» dice il capo della diplomazia Josep Borrell.

IL CONSIGLIO DÀ MANDATO a Bruxelles di esplorare «l’idea», proposta dalla Spagna, delle «riserve strategiche e acquisti di gruppo». Non tutti i paesi Ue hanno, nella legislazione nazionale, la protezione delle riserve, Austria e Olanda, per esempio, hanno riserve basse. La Commissione propone un approccio «regionale». Mario Draghi spiega che il Consiglio, oltre al via libera agli «interventi immediati» (aiuti alle famiglie) è stato «esplicito» sulla necessità di preparare «stoccaggi integrati», «scorte strategiche». Nel lungo periodo, ci vorrà la transizione verso le energie rinnovabili, anche su questo punto c’è accordo.

MA I PUNTI DI VISTA divergono sulla strada da intraprendere, i mix energetici sono di competenza nazionale. Polonia e Ungheria urlano che bisogna mettere tra parentesi il Green Deal e il Fit for 55, contestano l’estensione del sistema Ets (scambi di diritti a emettere Co2) a edilizia e trasporti, come propone la Commissione, ritenendolo inadeguato al momento. Il primo ministro ceco, Andrej Babis, interviene: «Scordatevi di liberarvi dalla dipendenza dalla Russia, non succederà mai». L’ungherese Victor Orbán applaude, mentre i polacchi preferiscono far funzionare a fondo le centrali a carbone (da cui dipende il 70% della loro energia). Ursula von der Leyen apre sul nucleare, difeso a spada tratta dalla Francia e da una decina di altri paesi, «fonte stabile» per la transizione. Ma Austria e Lussemburgo, dietro i quali si schiera la Germania, alzano gli scudi.

L’IMMEDIATO PRENDE il sopravvento, la preparazione della Cop26 che inizia a Glasgow tra pochi giorni si concentra sul «lungo periodo» (in cui saremo tutti morti, diceva Keynes) e su un futuro di rinnovabili e indipendenza strategica: per il momento «è difficile per molti paesi rinunciare al gas» dice Draghi. I governi sono con le spalle al muro. C’è l’ottimismo del primo ministro belga, De Croo: «È interessante, quando abbiamo dei problemi, tutti chiedono alla Ue di intervenire».