La scorsa settimana il Parlamento europeo ha approvato alcune raccomandazioni per il trasporto di animali vivi. Peccato che un argomento così sensibile come il benessere animale, che non manca di suscitare attenzione a livello trasversale, sia stato trattato in questo caso con una sconfortante mancanza di ambizione; nonostante Stella Kyriakides, la Commissaria europea per la salute e la sicurezza alimentare, avesse ricordato in apertura dei lavori come il tema sia una priorità della strategia Farm to Fork.

Le regole sulla durata e le condizioni di trasporto degli animali devono diventare più severe, aveva chiesto a dicembre la Commissione d’inchiesta del Parlamento dopo aver constatato numerose violazioni delle norme esistenti. Purtroppo, il voto di ieri va nella direzione opposta, di fatto annacquando il già debole testo alla base della discussione. I deputati hanno chiesto di ridurre i trasporti di animali vivi e di optare dove possibile per il trasporto di materiale genetico o carcasse e, per garantire controlli più efficaci, hanno anche proposto di installare telecamere a circuito chiuso sui veicoli.

Vorrebbero vedere requisiti più severi, cioè limiti di temperatura, umidità e livelli di ammoniaca nei veicoli; ma hanno respinto gli emendamenti che avrebbero proibito il trasporto di animali in stato di gravidanza avanzata, mentre la richiesta di vietare i viaggi per bovini, ovini, caprini, suini e equini nati da meno di 35 giorni non è stata presa in considerazione (il limite di 4 settimane di età rimane solo per i vitelli). E ancora, hanno evitato di limitare drasticamente a otto ore la durata dei viaggi, lasciando di fatto ampio spazio a percorrenze più lunghe per la maggior parte delle specie animali.

«Se otto ore vi sembran poche….» cantavano gli operai delle lotte sindacali di inizio Novecento per affermare il diritto alla giornata lavorativa di otto ore. È tempo oggi di considerare i diritti degli animali in quanto esseri senzienti, come sancito dal Trattato di Lisbona del 2007. E se nella Convenzione europea per la protezione degli animali negli allevamenti sono elencate le cinque libertà che definiscono il benessere animale (libertà da fame e sete, libertà da sofferenze, ferite e malattie, per esempio), viene da chiedersi come possano i parlamentari europei non adottare misure più radicali.

Ogni anno, milioni di animali sono trasportati dentro e fuori dal territorio dell’Unione Europea, o tra un’azienda e l’altra. Nella maggior parte dei casi, ciò è dovuto alla frammentazione dei cicli di produzione: una regione è specializzata nell’allevamento, un’altra nell’ingrasso e un’altra ancora nella macellazione e lavorazione.

Inevitabilmente, ogni viaggio causa sofferenza e stress, perché gli animali non sono abituati a essere spostati su veicoli, tanto più se, come succede di norma, sono stipati in piccoli spazi sovraffollati, a volte su diversi livelli, in condizioni di sporcizia, esaurimento e disidratazione, soprattutto nei mesi estivi; situazioni impreviste possono causare un prolungamento del viaggio e delle relative sofferenze, e possono verificarsi incidenti. Non parliamo poi dei viaggi via mare, ancora più terribili.

Ci sono soluzioni che possono cambiare in meglio la situazione, due fra tutte: favorire la creazione di piccoli macelli vicino agli allevamenti, oppure di macelli mobili; e rafforzare i sistemi alimentari locali in modo da renderli più efficienti e diffusi. Così gli agricoltori sarebbero più legati ai loro territori e i consumatori più consapevoli della provenienza della loro carne.