Mentre i venti di guerra in Ucraina spingono l’inflazione e rallentano la crescita a Bruxelles è tutto fermo. La Commissione Europea ha congelato ogni decisione sulle procedure per deficit pubblici eccessivi per ora fino a maggio, mentre le regole del patto di stabilità resteranno sospese per tutto il 2022 e non sarà applicata la regola – mai in realtà operativa – del taglio annuo di un ventesimo per indurre i paesi maggiormente esposti come l’Italia a riportare il rapporto tra debito e Pil al 60%. La prossima settimana la Commissione dovrebbe comunicare cosa intende fare per affrontare il problema dell’energia: se costituire un fondo comune per sostenere i contraccolpi economici di una possibile chiusura dei rubinetti del gas in risposta alle sanzioni, per esempio. Ieri il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis e il commissario all’economia Paolo Gentiloni sono stati evasivi sulla questione: si parla, ad esempio, di adottare un’iniziativa sul modello «Sure» che è servito a finanziare le casse integrazioni nel primo lockdown. Ma questo potrebbe riscaldare gli animi di quei governi del nord Europa – i «frugali» – che non intendono proseguire sulla strada di una politica di bilancio comune.

Il «Next Generation Eu» sarebbe un’eccezione, e non la regola. Anche se Gentiloni ha ribadito la speranza che paesi come l’Italia e la Spagna – stigmatizzati come «cicale» dai falchi dell’austerità permanente che speculano invece sugli avanzi primari di bilancio – usino al meglio gli investimenti affinché il modello economico possa essere riproposto in un futuro. Per il momento non è in discussione. Il «Pnrr» non è eterno. E non è nemmeno detto che in Italia lo sappiano usare.

Rispetto ai toni più che fiduciosi di qualche mese fa a proposito di una «ripresa», ora le previsioni si sono fatte più prudenti. La crescita sarà sicuramente più debole di quanto previsto (4% quest’anno nell’area euro e nella Ue) ma «non deraglierà» ha detto Gentiloni. Resta però ancora da vedere se la guerra russa in Ucraina, l’aumento dei prezzi di gas e petrolio, l’aumento e i prezzi (al 5,8% a febbraio nell’area euro); i blocchi nelle catene di approvvigionamento di prodotti intermedi per l’industria come i semiconduttori, senza parlare dei beni alimentari primari come il grano, non porteranno addirittura a una recessione. In quel caso il treno di una crescita potrebbe deragliare eccome, per usare la metafora di Gentiloni. Quest’ultimo aveva intravisto le prime nubi qualche settimana fa, ma la nuova situazione potrebbe portare a rinviare al 2023 la revisione annunciata, ma ancora tutta da negoziare, dei cosiddetti parametri di Maastricht.

A tale proposito si parla di una semplificazione di alcuni parametri oscuri che rendono difficilmente comprensibili le decisioni della Commissione a proposito della differenza tra crescita effettiva e crescita potenziale, un rapporto che sta alla base dei calcoli sull’aggiustamento di bilancio. Ma è solo uno dei temi in ballo da sempre per il quale non si intravede ancora una soluzione.