Caldo e freddo sul debito greco, nel primo giorno del governo Tsipras. Da Atene, il primo ministro parla di “nuovo negoziato con i partner per trovare una soluzione giusta, fattibile e mutualmente utile” e insiste sulla “riduzione del debito” (che è al 175% del pil, 321,7 miliardi di euro) e sulla “fine della politica di austerità per rilanciare l’economia”. Tsipras vuole escludere una “rottura disastrosa reciproca”. Chiede ai creditori “proposte realistiche” e assicura che la Grecia “non andrà in default”.

Da parte dei governi della Ue, per il momento il dialogo è tra sordi. Nessuna risposta alla proposta greca di una conferenza paneuropea sul debito, per arrivare a un new deal di rilancio economico nella zona euro. François Hollande fa fretta a Tsipras e lo invita a venire a Parigi “prima del Consiglio europeo del 12 febbraio”, il debutto in Europa del neo-primo ministro greco (ci sarà un vertice sul terrorismo). La Germania resta ferma sui propri principi: “bisogna che venga rispettato un principio di giustizia nei confronti della nostra popolazione – ha affermato Sigmar Gabriel, ministro dell’economia (Spd) – con coloro che in Germania e in Europa si sono mostrati solidali con la Grecia attraverso gli aiuti” concessi (nei due piani di sostegno, il secondo ancora in corso).

Venerdi’, si reca ad Atene il presidente dell’Eurogruppo, Joeren Dijsselbloem, mentre oggi Tsipras riceve Martin Schultz, il presidente dell’Europarlamento, che poi in serata riferirà a Hollande e a Merkel, che si incontrano a Strasburgo. Dijsselbloem mette le mani avanti: “far parte della zona euro significa che bisogna rispettare l’insieme di accordi già conclusi”. Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici e monetari, che aveva apertamente sostenuto lo status quo nel governo greco prima delle elezioni, rassicura: “la Commissione aiuta e vuol continuare ad aiutare la Grecia, è escluso che da questo punto di vista ci sia una rottura”.

Esistono dei margini di manovra per trattare?

Il programma di austerità non ha funzionato, è un primo dato.

Malgrado il drastico programma delle cosiddette “riforme” imposto dalla trojka – salari e numero dei dipendenti pubblici tagliati, pensioni amputate, servizi pubblici ridotti – tra il 2010 e il 2014 il debito è calato solo di una manciata di miliardi (da 330 a 321), mentre, a causa del crollo dell’economia, la percentuale rispetto al pil è cresciuta (dal 146 al 175%). La Grecia ha bisogno dei soldi europei, questo è un altro dato.

Nel 2013, il 2,9% del pil greco è stato costituito da trasferimenti da fondi europei (che non sono debito). Gli europei, che ora hanno in mano più del 70% del debito greco, hanno concesso tassi di interesse molto bassi attraverso il Fesf e di fatto allungato i tempi del rimborso a 30 anni.

Nel 2014, il peso del servizio del debito è stato del 4,3% sul bilancio greco (cioè meno di quello che pesa per l’Italia, al 4,7% o per il Portogallo, che è al 5%), ma se si sottraggono gli interessi che la Bce riversa ad Atene questa percentuale scende al 2,6%, secondo i calcoli fatti dal think tank Bruegel. Nel 2015, il peso potrebbe calare ancora, inferiore al 2%. Bruxelles non intende cedere sull’impegno per le “riforme”, perché non vuole aprire un varco anche per gli altri paesi indebitati, che si sentirebbero autorizzati a un maggiore lassismo sulla spesa pubblica.

I partner europei hanno concesso una “garanzia” sul debito greco, che “pesa” sui debiti di vari paesi (40 miliardi circa per la Francia, ad esempio). “Tsipras puo’ spendere i soldi come vuole, ma basta che non li chieda a noi”, riassume l’eurodeputato Alain Lamassure (Ump, Ppe).

La Grecia è con le spalle al muro, perché non puo’ andare sui mercati, dove lo spread esplode (tassi di interesse saliti ad oltre il 10% in questi giorni). Il default non è una strada fattibile, perché i partner dovranno far fronte al buco, sollevando l’ostilità dei rispettivi contribuenti e rilanciando la fragilità della zona euro. La Bce ha 23 miliardi di obbligazioni greche (su cui versa ad Atene gli interessi), ma se la Grecia rifiuta di pagare Francoforte (sfidando i trattati) puo’ tagliare l’alimentazione in liquidità del sistema bancario greco, facendolo fallire. La zona euro si è costruita dei parafulmini in questi anni di crisi – Mes, Unione bancaria, fino al quantitative easing del 22 gennaio – che permettono di pensare all’impossibilità di “contagio”.