Il governo di Kiev ha accettato ieri l’aiuto di 610 milioni dell’Europa (sotto forma di prestito), che Yanukovich aveva rifiutato su pressione russa. Inoltre, oggi al Consiglio Energia a Bruxelles, ha fatto sapere il commissario Günther Oettinger, la Ue deciderà di aiutare l’Ucraina a pagare il debito di 2 miliardi di euro per il gas russo. Giovedi’, il primo ministro temporaneo dell’Ucraina, Arseni Yatseniuk, incontrerà i capi di stato e di governo della Ue, prima del Consiglio straordinario, tutto dedicato alla crisi in atto. Il ministro degli esteri tedesco, Frank Walter Steinmeier, lunedi’ sera ha avuto un colloquio “difficile, lungo e molto serio” con il suo omologo russo Serguei Kavrov, “ma non è stato sufficiente per dire che una soluzione è in vista”, che “Ucraina e Russia si parleranno”. Ma oggi si riunisce a Bruxelles il consiglio Russia-Nato a livello degli ambasciatori, per discutere della crisi ucraina. Su richiesta della Polonia, gli ambasciatori della Nato si sono di nuovo incontrati ieri: Varsavia ha invocato l’articolo 4 – una mossa molto rara nell’Alleanza atlantica – che prevede una consultazione tra i paesi membri quando uno di loro si sente “minacciato” nella sua integrità territoriale, indipendenza politica o per la sicurezza. Nella Nato, la Polonia, appoggiata dai Baltici e dalla Nuova Europa, si scontra con la resistenza della Vecchia Europa, Germania, Francia e Gran Bretagna, che frenano su eventuali iniziative e puntano a un negoziato con Mosca.

Ieri, Serguei Lavrov ha di nuovo reagito alle minacce di sanzioni economiche da parte della Ue, mentre gli Usa parlano di sanzioni ma affermano di non cercare “lo scontro” con la Russia (John Kerry, ieri a Kiev, ha promesso un’assistenza economica di un miliardo all’Ucraina). Un documento del governo britannico, rivelato dalla Bbc, mostra che sulle sanzioni non c’è accordo nell’Unione europea. Secondo il documento britannico che era in mano a un alto funzionario prima della riunione di crisi di lunedi’ a Downing Street, “la Gran Bretagna non dovrebbe appoggiare per il momento delle sanzioni commerciali o chiudere ai russi il centro finanziario di Londra”. I vecchi paesi Ue si sono del resto opposti ad utilizzare il termine “invasione” per definire l’intervento russo in Crimea, come invece avrebbero voluto i paesi dell’est. Una decisione su questo fronte potrebbe venire presa al Consiglio straordinario dei capi di stato e di governo di giovedi’ a Bruxelles. Molto dipenderà dall’evoluzione della situazione. Per il momento, la minaccia di sanzioni della Ue resta molto light: sospensione dei negoziati sui visti russi, interruzione della cooperazione per la preparazione del G8 di Sochi a giugno e rimando dell’incontro sull’accordo di cooperazione economica con Mosca. La Francia attende una “désescalade”, cioè un’escalation al contrario, da parte di Putin, per poter evitare le sanzioni. Del resto, Parigi ha per il momento fatto orecchie da mercate rispetto alla richiesta polacca di imporre alla Russia un embargo sulle armi: in cantiere a Saint-Nazare ci sono due porta-elicotteri Mistral, per un contratto firmato con Mosca ai tempi di Sarkozy e che dovrebbero venire consegnati a Mosca il prossimo autunno.

Intanto, l’occidente incassa l’umiliazione subita dalla Russia al Consiglio di sicurezza dell’Onu, dove alla terza riunione d’emergenza in quattro giorni sulla crisi ucraina c’è stato un voto di 14 contro uno – tutti, Cina compresa – contro la Russia, che non è riuscita a convincere i partner del suo diritto ad intervenire per “proteggere” la popolazione di origine russa, considerata da Mosca minacciata in Ucraina. La Francia, che intende mantenere i contatti con Mosca paese “con il quale ha una lunga storia comune”, ha affermato l’ambasciatore all’Onu Gérard Araud, “ma non a qualunque prezzo” (non a quello di una riedizione della Cecoslovacchia del ’68), ha presentato un piano in sei punti per uscire dalla crisi, che prevede il rientro nelle caserme dei militari russi ma anche l’istituzione di un consiglio per la protezione delle minoranze in Ucraina.