Riesplode l’est ucraino. Ieri i filorussi hanno proclamato la nascita della «Repubblica popolare di Donetsk», sottolineandone l’indipendenza da Kiev, mentre altre città nella parte orientale del paese sono in mano ai gruppi pro-Mosca (che ha ribadito in serata la necessità di una soluzione «federale»). E nella capitale i neonazisti di Settore Destro hanno occupato il palazzo della procura generale chiedendo la radiazione dei magistrati dell’era Yanukovich. Chi aveva pensato che i nodi politici a est e quello interno di Settore Destro, sarebbero stati via via irretiti dalle vicende legate alla diplomazia, ai proclami di Nato e Obama e alle prossime elezioni, si sbagliava. Quando a Kiev si è consumata la vittoria di Majdan, con la fuga di Yanukovich e la creazione di un governo ad interim per acclamazione, le regioni orientali ucraine sono state il luogo geografico nel quale si è consumata in modo più netta la percezione di un paese diviso.

A Donetsk e Kharkiv, come in Crimea, fin dall’insediamento del governo Yatseniuk si sono manifestate le volontà dei russofoni, per niente convinti del nuovo esecutivo di Kiev. Ci sono stati scontri, proteste, occupazioni di palazzi governativi. Poi la tensione è sembrata diminuire quando il Fondo monetario e la diplomazia si sono messi in moto, quando Mosca ha abbassato i toni, ma quel sentimento pro Russia non era di certo svanito, anzi: più l’attenzione si spostava, anche mediaticamente, sui candidati alle elezioni presidenziali del 25 maggio, più era lecito chiedersi quale sarebbe stata la reazione delle regioni orientali del paese. Ieri è arrivata la risposta e per il governo di Majdan ecco il contrappasso: Kiev infatti ha annunciato «operazioni antiterrorismo» contro i «ribelli» orientali, proprio come fece Yanukovich contro Majdan.

L’Ucraina è oggi nelle mani di un governo nato da una rivolta (per la Russia si è trattato di un colpo di Stato), che dopo un mese dalla sua nascita, si trova a fronteggiare a sua volta una ribellione. Quella che potremmo definire «Majdan orientale» si è svolta ieri in tre città. A Lugansk, dove manifestanti filo russi hanno occupato parte della sede dei servizi segreti e hanno issato la bandiera russa all’esterno dell’edificio. Negli scontri sono rimaste ferite otto persone: sette insorti e un poliziotto. Secondo i media locali, i filorussi hanno chiesto anche la liberazione dei 15 arrestati nei giorni scorsi in un’operazione di polizia. A Donetsk – dove in serata è giunta Tymoshenko che definì «eroi» i manifestanti di Kiev, ma che ieri ha invitato le persone a non scendere in strada – gruppi filorussi hanno occupato la sede dei servizi segreti, dopo che centinaia di persone si erano impossessate del palazzo della regione chiedendo di indire un referendum come in Crimea e hanno proclamato la Repubblica popolare di Donetsk. In serata dalla città conquistata dai filo russi è giunta la voce di una sparatoria alla sede radio-televisiva statale. Lo ha riferito l’agenzia Interfax, citando l’ufficio stampa del ministero dell’interno ucraino, secondo cui sconosciuti hanno tentato di impossessarsi dell’edificio arrivando in auto e sparando colpi in aria. La polizia incaricata di vigilare sulla tv statale ha risposto al fuoco, mettendo in fuga gli assalitori.

A Kharkiv, decine di persone hanno fatto irruzione nella sede del governo regionale e hanno issato bandiere russe alle finestre (salvo poi essere sgomberate, come hanno comunicato i media ucraini nel tardo pomeriggio di ieri). La rabbia di Kiev non è misurata, anzi prorompe. Dapprima sono state accusate le forze di polizia locale, che non avrebbero opposto molta resistenza e si sarebbero rifiutate di usare la forza, poi si è ampiamente accusato Mosca, rea di aver usato propri corpi speciali, protagonisti della rivolta nelle città orientali. Il ministro dell’interno Avakov ha lanciato accuse ben precise: «Putin e Yanukovich hanno ordinato e pagato l’ultima ondata di disordine separatista nell’est del Paese». Anche il parlamento ucraino prova a correre ai ripari, perché oggi si riunirà sull’eventuale inasprimento delle pene previste per i separatisti, secondo quanto ha comunicato il presidente ad interim Turcinov.

Chi ha provato a rivitalizzare la propria situazione politica è stato il partito delle Regioni, dell’ex presidente Yanukovich e unico soggetto che può avere una sorta di legittimità ad est. Il partito ha proposto di creare un gruppo di dialogo sulla crisi in atto in quelle zone. Lo ha annunciato il capogruppo in parlamento, Oleksandr Iefremov, lanciando anche un’accusa al nuovo governo di Kiev: «Tutti i nostri tentativi di far comprendere alle autorità la tensione che esiste nell’Ucraina orientale sono finora falliti».