Ieri nel Donbass si ricordava l’inizio delle proteste, un anno fa, contro Euromajdan, per la decentralizzazione e per il diritto all’uso della lingua russa.

Il 6 aprile 2014 i manifestanti, contro cui Kiev aveva scatenato le forze dell’ordine, occuparono gli edifici pubblici di Donetsk e Lugansk, dopo di che si giunse alla proclamazione delle due Repubbliche. A un anno da quelle proteste, si apre a Kiev una settimana delicata proprio per uno dei protagonisti di Majdan: contro il premier Arsenij Jatsenjuk, alla Rada si chiede l’istituzione di una commissione d’inchiesta per abuso di potere.
Jatsenjuk, messo alle strette dai deputati che fanno capo al Presidente Poroshenko, è appena reduce da un repentino viaggio a Berlino durante il quale avrebbe cercato l’appoggio di Angela Merkel contro il Presidente. Difficile dire, per ora, a cosa preluda questo capovolgimento di alleanze, con il falco filoamericano Jatsenjuk che corre a stender la mano alla cancelliera – finora sponsor di Poroshenko – per dimostrarsi più pacifista del Presidente sul Donbass e offrire all’Europa (dietro adeguato compenso) l’aiuto ucraino contro Putin «in guerra contro l’Occidente».

Qualcuno è dell’opinione che «uno degli obiettivi della visita di Jatsenjuk a Berlino fosse quello di preparare la Germania alla ripresa del conflitto nel sudest».
In ogni caso, che l’Europa punti più sul Presidente Poroshenko o sul premier Jatsenjuk, trapela da entrambi una malcelata intenzione di por fine a quel cessate il fuoco nel Donbass sottoscritto malvolentieri dall’intera élite ucraina e apertamente osteggiato dai settori ultranazionalisti e neonazisti. Un passo necessario in quella direzione sembra rappresentato dall’inasprimento delle misure previste dalla nuova legge marziale, adottata sabato scorso (pur se, per il momento, non applicata) su iniziativa del Presidente: servizio del lavoro; confisca dei beni di chiunque; servizio di domicilio per esigenze di acquartieramento dei militari; limitazioni alla libertà di spostamento, di manifestazione, dei media.

In quest’ottica, di preparazione della società a giri di vite che non ammettono opinioni diverse da quelle del partito della guerra, si inserisce la notizia, diffusa venerdì scorso dal Ministro della giustizia Pavel Petrenko, secondo cui la Rada pianifica di adottare entro il prossimo 9 maggio (data simbolica: quest’anno ricorre il 70° della vittoria sul nazismo) un pacchetto di «decomunistizzazione». Ritenendo insufficienti lo scioglimento della frazione parlamentare del Pc e la proibizione del Partito comunista, la cui sorte è da mesi sospesa nelle aule giudiziarie, ma i cui militanti sono sottoposti a bastonate, attentati, torture in carcere e assassinii in strada, le nuove misure prevedono la proibizione nientemeno che dell’ideologia comunista, la qualifica del regime comunista come «contrario all’umanità» e la sua equiparazione al fascismo e al nazismo, il divieto della simbologia comunista, compresa la bandiera rossa, a rimarcare che quella innalzata sul Reichstag nel 1945 era una bandiera «criminale».

Non per nulla Arsenij Jatsenjuk, facendo impallidire gli stessi telespettatori della tedesca Ard, aveva parlato nel gennaio scorso della «invasione sovietica di Ucraina e Germania».

Ma non è tutto. Il nuovo consigliere del Capo di Stato maggiore dell’esercito, deputato e leader di Pravyj sektor, Dmitrij Jarosh, sta redigendo un progetto di legge per conferire uno status speciale a Pravyj sektor, quale brigata d’assalto delle Forze armate e per l’istituzionalizzazione di compagnie militari private, in cui far confluire i reduci dai battaglioni in cerca di occupazione. D’altronde, molti di quei «volontari» sono tutt’altro che reduci: ritirati dal fronte, imperversano ora nelle città sotto controllo di Kiev, occupano sedi di imprese, mantengono «l’ordine pubblico» picchiando automobilisti e pedoni indisciplinati, agiscono da gorilla al soldo di imprenditori e a danno di altri, con metodi che il Comandante del Servizio di sicurezza statale, Valentin Nalivajcenko, ha dichiarato di voler ereditare per l’intelligence da quelli usati dai filonazisti del Oun-Upa di Stepan Bandera nel 1942-1944.

Resta da vedere se l’Europarlamento, che nel 2010 aveva deplorato la qualifica di eroe accordata a Bandera dall’allora Presidente Jushenko, avrà da dire qualcosa sui metodi della polizia ucraina.