C’è una foto nell’album di famiglia della Nato che qualcuno a Bruxelles pensa fosse stato meglio non venisse mai scattata.

Una foto di cui, invece, l’attuale dirigenza politico-mafiosa kosovara va fiera. Ritrae tutti assieme, mentre impilano le loro mani in un gesto che va oltre l’amicizia, Hashim Thaqi, trafficante non solo di droga e mente politica dell’Uck, l’Esercito di liberazione del Kosovo, attuale premier del Kosovo; l’allora governatore della provincia per conto dell’Onu e oggi ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner; Il comandante militare dell’Uck Agim Ceku, detto «il macellaio della Kraijna» e il comandante della Nato Wensley Clark. Quella foto immortala una missione appena compiuta.
Venne scattata nel settembre di dieci anni fa quando l’aggressione alla Serbia era finita da appena tre mesi. Riguardando quell’istantanea Thaqi ha ancor oggi buon gioco a ribadire quello che rispose ad una mia domanda pochi giorni dopo la fine della guerra. Chi ha liberato Il Kosovo?. «L’Uck con l’aiuto della Nato, tanto che noi dell’Uck ci riteniamo la Nato del Kosovo». Prima dell’inizio della guerra Thaqi parlava già dell’Uck come della fanteria della Nato. Fino a sostenere che la Nato era «l’aviazione dell’Uck». Dietro le sue parole non c’era solo la protervia del capo di un approssimativo esercito che per tutti i 78 giorni dei bombardamenti aerei sulla Jugoslavia, scacciato dal Kosovo, è rimasto timidamente arroccato in territorio albanese, riuscendo a penetrare di neppure due chilometri in territorio kosovaro. E che quando lo ha fatto si è visto bombardare da «fuoco amico», da quella che considerava la propria aviazione, cioè dai caccia della Nato. Thaqi, infatti, non è stato solo il leader di una formazione terroristica musulmana che ha scatenato la guerriglia contro un potere costituito, giustiziando centinaia di kosovari-albanesi considerati «collaborazionisti» e non è stato neppure solo il fiduciario di una ben collaudata organizzazione di narcotrafficanti.

Il «suo» Uck ha scatenato una guerra dentro il Kosovo che, per sua stessa natura, l’organizzazione irredentista non era in grado di condurre né sul piano della guerriglia, né, tantomeno, in campo aperto. Nelle vicende del Kosovo, l’Uck non è stato soltanto una variante armata nello schieramento politico interno, ma – di volta in volta – la causa, il catalizzatore, l’artefice, la vittima di tutte le tensioni della regione. E, in questo senso, Thaqi è stato soprattutto la pedina mediatica di un abile gioco internazionale, che ha visto il mondo intero intervenire in suo favore ma con la convinzione di promuovere una «guerra umanitaria» in favore del suo popolo. E per venti anni, pur di mantenere il suo potere, Thaqi è stato disposto ad accettare un pur blando protettorato della Nato, ricevendone in cambio la possibilità di continuare ad essere il padrone assoluto di un paese, il Kosovo, che ancora oggi vive solo di economia criminale. Diventando allo stesso tempo il principale alimentatore dei valori più retrivi: l’odio, il razzismo, la protervia, la violenza elevata a unica componente della politica. Hashim Thaqi oggi ha vinto anche la pace, dopo aver perduto, vincendola, la guerra. E quale miglior vincitore, quale miglior liberatore di chi può vestire i panni del trionfatore, indossando anche quelli della vittima? Oggi che Thaqi, nome di battaglia Gjarper, che in albanese significa serpente, festeggia la sua vittoriosa guerra cominciata nel 1998-1999 e contemporaneamente il suo secondo anno (siamo ormal terzo ndr) di incontrastata leadership presidenziale kosovara, deve davvero ringraziare la Nato che in fondo è stata davvero la sua personale aviazione.

* Sandro Provvisionato due anni fa ci ha lasciato. È stato tra i pochi giornalisti ad occuparsi dell’ Uck, pubblicando per Gamberetti editore nel 2000 il libro «Uck: l’armata dell’ombra». Riproponiamo questo testo, attualissimo, già pubblicato da “il manifesto”, come omaggio alla sua memoria