«Green on Blue» è la locuzione che allude al colore delle divise militari e indica la pratica con cui i soldati afgani, che in realtà combattono con la guerriglia, fanno fuori i loro colleghi o i soldati della Nato. Accade sempre più spesso e, negli ultimi giorni, la pratica ha messo a segno un colpo importante. Non si tratta dei sei poliziotti afgani uccisi da un collega in un avamposto di Trinkot, città della provincia orientale di Uruzgan, quando un agente ne ha avvelenati mortalmente sei dandosi poi alla fuga con l’aiuto dei talebani cui avrebbe portato in dote le armi dei defunti. E nemmeno del ferimento di un soldato di Isaf per mano di una delle guardie del governatore provinciale di Paktia, anche se non sono ancora chiare le dinamiche delle vicenda.

Il colpo grosso è di due giorni fa quando la scelta è caduta su un generale a due stelle americano, ucciso mentre altri sette soldati statunitensi, cinque britannici, uno tedesco e tre afgani sono stati feriti sempre per mano dello stesso militare, un soldato afgano in servizio all’accademia militare di Qargha nella zona occidentale della capitale. Non è cosa da poco perché il generale è l’ufficiale Usa più alto in grado ucciso in Afghanistan dal 2001 (dall’inizio dell’anno quattro soldati statunitensi sono stati uccisi in questo tipo di attacchi).

Il generale Harold J. Greene porta con sé nella tomba anche un altro triste primato: è la prima volta dalla guerra del Vietnam che un generale statunitense viene ucciso in operazioni all’estero. Greene stava compiendo una visita di routine all’accademia e non è chiaro se fosse proprio lui l’obiettivo specifico dell’attentatore, che non potrà però raccontarlo perché è stato freddato anche se con un ritardo che gli ha permesso di compiere quella che sarebbe potuta essere una strage. Caso o non caso, la notizia fa colpo in un Paese dove il dibattito sulla sicurezza si confonde con l’altro grande tema del momento: le elezioni del presidente che vanno avanti a singhiozzo da mesi mentre i due candidati (Ashraf Ghani e Abdullah Abdullah) cercano un difficile accordo con la mediazione delle Nazioni unite per il riconteggio dei voti del ballottaggio.

La grande tomba di militari di rango americani è però stata il Vietnam: secondo gli archivi del Vietnam Veterans Memorial, il generale John Albert B. Dillard fu ucciso nel maggio del 1970 quando il suo elicottero venne abbattuto; Rembrandt Cecil Robinson, della marina, perse la vita nel maggio di due anni dopo cadendo con un altro elicottero e altri cinque alti ufficiali persero la vita in azioni o incidenti sempre nel Sudest asiatico. Un generale è stato invece ucciso in patria: Timothy Maude, allora vice capo del reparto personale dell’esercito, morto nell’attentato dell’11 settembre 2001 quando il Pentagono fu colpito da uno degli aerei che segnarono la giornata più nera della storia recente degli States.