Dall’autopsia eseguita ieri mattina le prime certezze sulla morte di Davide Bifolco, il ragazzo non ancora diciassettenne morto giovedì notte per il colpo esploso dall’arma di ordinanza di un carabiniere al Rione Traiano di Napoli. Il legale della famiglia, Fabio Anselmo, in mattinata ha raccontato i primi dati emersi: «Il fatto che la pallottola sia entrata davanti è un fatto, che quel tramite sia stato identificato e abbia quell’angolatura è un altro dato, che sia uscito dalla schiena è il terzo dato e su questo siamo tutti d’accordo». In attesa del referto ufficiale, è confermato che il proiettile è stato esploso frontalmente «con direzione trasversale. La tac ci dà il tracciato esatto del colpo, si tratta di una linea quasi orizzontale percorsa dal proiettile, non verticale, ed è compatibile con quanto abbiamo appreso da testimoni».

Non sono sorte contestazioni tra il medico legale Massimiliano Esposito e il perito di parte Vittorio Fineschi (per la famiglia Bifolco), a differenza ad esempio di quanto accaduto nel caso Cucchi «dove nessuno era d’accordo con nessuno». Ieri è stata completata anche la perizia balistica, «mi auguro – ha concluso Anselmo – che il corpo sia rapidamente restituito alla famiglia al termine delle procedure. Speriamo che non si ripeta quello che è successo con Riccardo Magherini, la cui salma è ferma nella cella frigorifera dell’istituto di medicina legale da sei mesi».

La mattinata al Secondo Policlinico è trascorsa in attesa di notizie, familiari e amici raccolti sul ciglio del viale che costeggia l’edificio dove si eseguivano gli accertamenti. Argomento di discussione le versioni discordanti intorno alla morte di Davide, versioni che diventano sempre più differenti col passare dei giorni. «Non c’era nessun posto di blocco – dicono – e nessun alt intimato con la paletta ai tre ragazzi senza casco sul motorino. E’ successo quello che succede sempre: hanno segnalato coi lampeggianti da dietro, i ragazzi che non avevano il patentino sono scappati. L’auto dei carabinieri li ha speronati, un militare è corso appresso a Enzo Ambrosio. L’altro è uscito dalla vettura con la pistola senza sicura, il colpo in canna e ha sparato a Davide guardandolo in faccia. E’ inutile che dice che è inciampato». Quel carabiniere dicono di conoscerlo: «E’ uno che girava per il rione dicendo ’sarò il vostro peggiore incubo’. Quelli credono di avere intorno il nemico ma sono solo ragazzi abbandonati in un quartiere senza politiche sociali».

Ma chi inseguiva l’altro militare? La versione dell’Arma è che la pattuglia era sulle tracce di Arturo Equabile, sfuggito ai domiciliari dallo scorso febbraio. Sarebbe stato lui, e non Enzo Ambrosio, il terzo sullo scooter, la pattuglia avrebbe intimato l’alt perché l’avrebbe riconosciuto. Martedì però i giornalisti de Il fatto quotidiano hanno rintracciato la primula rossa del Rione Traiano: «Quella notte io non c’ero – ha raccontato Equabile -. Un’ora prima del fatto sono venuti i carabinieri nella casa dove stavo. Erano con le pistole in pugno e gridavano apri, bastardo. Ho avuto paura e sono scappato in un’altra casa. Dopo tre quarti d’ora ho saputo che in un’altra parte del quartiere c’era stata la sparatoria».

Sostiene di non aver commesso il furto di cui è accusato: «Ho spezzato i domiciliari e i carabinieri sono incazzati con me perché non riescono a prendermi. Venivano per prendermi e io scappavo, e loro si incazzavano. Qualcuno diceva che se mi prendevano i carabinieri mi ammazzavano. E io mi chiedo: perché hanno ammazzato Davide? Al posto suo potevo esserci io». Equabile dice di volersi consegnare all’autorità giudiziaria: «Mi costituirò per dire la verità sulla morte di Davide, ma i carabinieri non devono arrestarmi. Ho paura, non voglio fare la fine di Cucchi».

Il legale del militare accusato di omicidio colposo, l’avvocato Salvatore Pane, ritiene invece che i primi dati confermino la versione del suo cliente: «Dagli esami scientifici nessun altra verità potrà emergere rispetto a quella venuta fuori dalle dichiarazioni del carabiniere: il colpo è accidentale, è inciampato sul marciapiede trascinato dal guidatore dello scooter».

Non c’è ancora certezza sulla data della sepoltura: la magistratura ha richiesto altri esami, quindi le esequie non sono ancora state autorizzate. La famiglia nel pomeriggio di ieri ha allestito comunque la camera ardente nell’associazione dedicata alla Madonna dell’Arco e ad Aldo Moro, sulla stessa strada dove è stato ucciso Davide. Il biliardo al centro del locale al pian terreno è stato convertito in catafalco: un lenzuolo bianco ricamato nasconde il panno verde, la statua di Gesù e quella di Padre Pio a grandezza naturale vegliano ai lati. All’esterno fiori, messaggi e sciarpe del Napoli, mentre il quartiere riprende ad affollarsi. Neppure ieri sono stati in casa: tutti insieme si sono rimessi in marcia, come nei giorni scorsi. La destinazione di ieri è stata la chiesa di San Vitale in viale Augusto a Fuorigrotta, il quartiere accanto al loro. In corteo per chiedere giustizia e verità mentre indossano le magliette «Davide vive». Non si arrendono e non vogliono scordarlo.