Lo stesso Shin Bet israeliano, il servizio di sicurezza israeliano, faceva fatica ieri a parlare di “attentato nazionalistico” per l’uccisione compiuta da un palestinese di un poliziotto e di due guardie di sicurezza all’ingresso della colonia ebraica di Har Adar, appena dentro la Cisgiordania, a pochi chilometri da Gerusalemme. Privilegiava piuttosto la pista di un gesto compiuto da un uomo disperato, Nimr Jamal, 37 anni, responsabile di violenze domestiche e per questo abbandonato di recente dalla moglie. A Benyamin Netanyahu e ad alcuni dei suoi ministri l’attacco ha però fornito l’occasione per concentrare l’attenzione sui rapporti con l’Autorità nazionale palestinese (Anp) e per lanciare accuse al presidente Abu Mazen. Così mentre i movimenti islamisti Hamas e Jihad applaudivano all’azione di Nimr Jamal e parlavano di «nuovo capitolo dell’Intifada», il premier israeliano ha visto «nell’attacco terroristico il frutto dell’istigazione dell’Anp» e ha detto di aspettarsi che «Abu Mazen condanni l’attentato e non cerchi di giustificarlo». Il ministro della difesa Lieberman ha aggiunto che «Prima di parlare di qualsiasi tipo di negoziato il mondo deve chiedere all’Anp di interrompere l’istigazione al terrore». Esplicito il ministro dell’intelligence Israel Katz. «L’attacco – ha detto – è un messaggio per l’inviato speciale degli Stati uniti (Jason) Greenblatt…La sicurezza di Israele resta la massima considerazione della politica del governo (Netanyahu) ed è al di sopra di ogni considerazione volta a migliorare la vita dei palestinesi». Chiaro l’ammonimento.
L’Amministrazione Trump (che pure è stretta alleata di Israele) non si illuda, il governo Netanyahu non farà concessioni per favorire la ripresa delle trattative con i palestinesi.

Har Adar è una colonia a reddito elevato a breve distanza da Gerusalemme. Vi entrano ogni giorno 100-150 manovali palestinesi, tra di essi c’era fino a ieri anche Nimr Jamal. L’uomo, del vicino villaggio di Beit Surik, in possesso di un permesso rilasciato delle autorità israeliane, faceva le pulizie e lavori di manutenzione nella villa di una famiglia di coloni. Ieri mattina intorno alle 7.15 Jamal, dopo aver chiesto perdono su Facebook alla moglie e implorandola di riprendersi in carico i figli, si è presentato alle porte di Har Adar e si è messo in fila con altri palestinesi in attesa dei controlli prima dell’ingresso nella colonia. Qualcosa nel suo atteggiamento ha destato l’attenzione delle guardie di sicurezza che gli hanno intimato di fermarsi. A quel punto Jamal ha estratto una pistola e ha fatto fuoco uccidendo un agente della polizia di frontiera, Solomon Gabaria, e due guardie private, il palestinese con cittadinanza israeliana Yusef Uttman e Or Arish, prima di essere a sua volta ucciso. Un quarto israeliano è rimasto ferito gravemente. Dopo la sparatoria l’esercito ha circondato la casa di Jamal a Beit Surik e ha arrestato il fratello. Netanyahu ha annunciato che l’abitazione dell’assalitore sarà demolita al più presto e ai suoi familiari saranno negati i permessi per lavorare in Israele. Altre misure punitive, verso tutti i palestinesi, potrebbero essere prese nelle prossime ore. Lo scorso luglio due poliziotti furono uccisi da tre arabo israeliani a un ingresso per la Spianata delle moschee di Gerusalemme, dando inizio alle proteste palestinesi per le misure di controllo imposte dal governo Netanyahu nel sito religioso.

L’attacco nell’insediamento coloniale di Har Adar è avvenuto alla vigilia delle celebrazioni ufficiali per i 50 anni dall’inizio della colonizzazione ebraica dei Territori palestinesi occupati. Alle cerimonie dal titolo “Liberazione di Giudea a Samaria, della Valle del Giordano e delle Alture del Golan”, che si svolgeranno a nel blocco di insediamenti di Gush Etzion, parteciperanno il governo e la Knesset. Sono stati invitati anche gli ambasciatori in Israele ma il responsabile della sezione politica della delegazione europea in Israele, Mark Gallagher, ha escluso la partecipazione dell’ambasciatore dell’Unione, ricordando che l’Europa non prende parte ad eventi ufficiali che si svolgono nei Territori Occupati. Anche la Corte Suprema di Israele non parteciperà nonostante le proteste della ministra della giustizia Ayelet Shaked. Il presidente della Corte Miriam Naor ha spiegato che si tratta «di un evento politico controverso».