La sera del 31 agosto a San Benedetto dei Marsi (in provincia dell’Aquila) è stata uccisa Amarena, un’orsa marsicana: era uno dei simboli del Parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, una madre feconda fondamentale per la tutela di una specie a rischio di estinzione, dato che sono in tutto una cinquantina gli esemplari censiti. Era, tra gli altri, la madre di Juan Carrito, investito e ucciso a fine gennaio di quest’anno. A lei, invece, la sorte ha riservato ciò che nessuno avrebbe immaginato, per un animale mansueto che mai aveva mostrato aggressività nei confronti degli esseri umani: è stata uccisa da una fucilata, da un uomo che – dopo esser stato fermato dai guardia parco – avrebbe giustificato il gesto con l’esigenza di proteggere la sua proprietà. Voleva, a colpi di fucile, allontanarla. Nella storia dell’Orso bruno marsicano un episodio simile c’era già stato: nel settembre del 2014 un altro orso era stato ucciso a fucilate a Pettorano sul Gizio.

«AMARENA aveva sviluppato, nel corso delle numerose cucciolate, una strategia che funzionava. Si rifugiava nei territori limitrofi i paesi dove trovava da mangiare per sé e per i suoi cuccioli e dove era al riparo dai maschi che avrebbero potuto potenzialmente ucciderle i piccoli. Era un’orsa particolarmente brava a fare la madre, a crescere i suoi figli. Non lo dico per umanizzarla, assolutamente. Anche a detta dei biologi e delle biologhe era davvero brava in questo compito e non tutte le orse riuscivano come lei a portare avanti i piccoli. In un’occasione è riuscita a partorire e a crescere quattro cuccioli, un episodio unico nella storia documentata dell’orso bruno marsicano», spiega Francesca Camilla D’Amico.

Attrice, narratrice e guida ambientale escursionistica che lavora sulla Majella e nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Francesca Camilla è l’autrice di Orsa minore, un podcast di Raiplay Sound che racconta la straordinaria vicenda e l’unicità dell’orso marsicano. Si dice «addolorata, sconcertata arrabbiata e, al tempo stesso, cerco di mantenere la lucidità. Il primo giorno del “Coesistenza festival” non potrebbe aprirsi in una maniera più dolorosa e significativa per il tema che andiamo a trattare. Temo che si faccia realmente fatica ad entrare nella situazione che oggi è tornata ad essere critica come negli anni Settanta, ma con gli strumenti diabolici del 2023, e tra questi strumenti ci sono e c’è sempre stata la strumentalizzazione politica di questi episodi. Da un lato non è più possibile trascurare la paura delle persone di fronte al mondo selvatico. Non è più possibile liquidarla, sminuirla. Va affrontata e non sottovalutata».

LO AVEVA SPIEGATO anche lo scrittore Matteo Righetto, autore del libro La pelle dell’orso, parlando con l’Extraterrestre in un’intervista pubblicata il 20 luglio: «Chi vive in ambienti a contatto con questi mammiferi non può essere irriso come zotico. Scientificamente, dal punto di vita zoologico, etologico, abbiamo il dover di fare cultura, senza denigrare o deridere chi vive questa paura, altrimenti non ci si incontra mai». È senz’altro un elemento fondamentale, come riflettere su come – dal punto di vista culturale – abbia un impatto la guerra all’orso dichiarata dalla Provincia autonoma di Trento, che ha portato ieri l’Ente nazionale per la protezione animali ad affermare che lo sparo che ha ucciso Amarena è figlio di un «clima diffuso di odio e di paura contro i grandi carnivori, primi fra tutti orsi e lupi» e che «solo ipotizzare di uccidere un selvatico perché lo si ritiene dannoso o pericoloso (come ha cercato di fare il presidente trentino Fugatti, bloccato da Tar e Consiglio di Stato, ndr) significa avallare culturalmente la possibilità (o peggio la necessità) di premere il grilletto».

Amarena con i suoi cuccioli in un video del 26 agosto a San Sebastiano dei Marsi Foto LaPresse

COSA POSSIBILE PER CHI possiede un’arma, e di fatto l’uomo che ha fatto fuoco contro l’orsa – che solo tre giorni fa aveva conquistato un lancio di agenzia, con un video visibile in rete in cui attraversa la strada con i suoi due cuccioli tranquillamente davanti ai cittadini – è un cacciatore. E ha sparato alla vigilia di un’apertura anticipata della caccia (fissata per oggi, 2 settembre) contro cui si è esposta la Lipu, che ha denunciato «l’illegittimità della situazione venatoria italiana». Secondo l’organizzazione lo Stato è assente, e fa poco contro il bracconaggio. Secondo l’Enpa si sono consumati numerosi reati: uccisione di animali, tentato maltrattamento di animali (i cuccioli), uso di armi in centro abitato, distruzione del patrimonio indisponibile dello Stato. Ieri almeno non è rimasto in silenzio il presidente della Regione Abruzzo, Marsilio, qualificando l’uccisione di Amarena come «atto gravissimo nei confronti dell’intera regione che lascia dolore e rabbia per un gesto incomprensibile».

Ieri in tanti hanno salutato Amarena: il Comune di Villalago (Aq), che è nel cuore del Parco nazionale ed è uno dei più frequentati dall’orsa, a trenta chilometri da dov’è stata uccisa, ha scritto su Facebook: «Tutti i nostri sacrifici e tutta la nostra passione sono svaniti in un secondo. Perdiamo un pezzo di cuore e un pezzo della nostra storia. Oggi più che mai siamo convinti della bontà delle nostre azioni e del nostro operato ma anche del fallimento delle chiacchiere da salotto». Un testo che fa il paio con quello di Luciano Sammarone, direttore del Parco nazionale: «Abbiamo detto e ridetto “siamo modello, l’Abruzzo è modello”… Non siamo modello di niente. Davanti agli omicidi che sentiamo al telegiornale, l’uccisione di un’orsa sempre niente a confronto, ma non è così».

IL TEMA DA INDAGARE a fondo è il nostro rapporto con il selvatico: lo si può fare a partire dall’orso marsicano, ascoltando su Raiplay Sound Orsa minore (ieri il podcast è stato dedicato ad Amarena, che è la protagonista di una puntata) oppure leggendo il libro di Mary Roach Wanted!, recentemente tradotto da Aboca edizioni. La prima parte del testo della giornalista scientifica che scrive per New York Times Magazine e National Geographic è dedicata proprio all’orso, e a capire come si costruiscono regole per una possibile convivenza pacifica, una necessaria coesistenza.