I videogiochi sono un campo di sperimentazione continua in cui certe immagini e narrazioni riescono a dirci cose relative a passioni e situazioni umane che discipline più blasonate non riescono a fare. Con un videogioco si può fare letteratura, cinema, arte e molto altro. Lo sanno bene certi addetti ai lavori, ma lo dovrebbero capire anche fra i non addetti, quantomeno i lavoratori cognitivi più sensibili. Potrebbero dare qualche contributo alla causa, magari sulla scia dell’ultima uscita dell’etichetta musicale per abbonamento 19m40s.

Sebastiano De Gennaro, Enrico Gabrielli e Francesco Fusaro sono i creatori del progetto, a cui collabora Tina Lamorgese. Ormai da alcuni anni propongono dischi di raffinata qualità ai loro sostenitori, aggiungendo alle volte delle pubblicazioni extra che impreziosiscono il loro catalogo. E l’ultima in ordine di tempo si chiama Tz0_The Ghost Game: «un videogioco per ascoltare musica», come si legge dal comunicato stampa.

De Gennaro ha scritto, disegnato e programmato il lavoro. È anche l’autore delle musiche, eseguite dall’ensemble degli Esecutori di Metallo su Carta (pianoforte, voce, corno, arpa, flauto e clarinetto basso, sintetizzatori, vibrafono, programmazione). Come si legge nella schermata introduttiva di Tz0, la creazione del videogioco si è basata sulla scrittura musicale della colonna sonora. Qui, siamo nel genere della pura game music. De Gennaro e tutti i membri del gruppo la considerano giustamente una tradizione da riscoprire e su cui, per il momento, ci hanno già dato prova del loro interesse con un disco precedente, Ghosts Goblins Ghouls, rivisitazione-omaggio delle musiche anni Ottanta di Ayako Mori e Tim Follin. La colonna sonora di Tz0 continua il percorso di riscoperta di quelle sonorità, da considerare nella storia della musica contemporanea. Magari come una continuazione con altri mezzi del genere del divertimento musicale. O una sua riscrittura.

Passando dalla musica al gioco, la prima cosa da osservare è che, come nei modelli di riferimento (Mori, Follin), abbiamo a che fare con un esempio di videogioco arcade. Lo si compra e scarica dal sito dell’etichetta. Funziona su Windows e Linux, mentre per chi ha Mac basta installare una macchina virtuale. De Gennaro ha realizzato Tz0 con il motore di gioco 2D open source, G Develop, aggiungendo di suo tante cose, incluso un buon occhio estetico negli elementi che arricchiscono la composizione dei livelli.

Ne troviamo dieci nel gioco: costituiscono quello che viene chiamato «il giardino del limbo», per citare quanto si legge nell’introduzione. Funzionano secondo diverse scale di complessità di situazioni e scopi. Alle volte il nostro personaggio – una specie di slime tondeggiante, dotato di occhi – deve trovare bozzoli, altre volte cactus, lettere, amici, cubi e molto altro. I paesaggi sono vari, come vari sono gli animali che si incontrano o si devono fronteggiare, temibili gufi inclusi. Tutto questo con una giocabilità essenziale: si va a destra e a sinistra, si salta, e ci si arrampica. Inoltre, non si possono però effettuare salvataggi: si può scegliere quale livello giocare, ma poi si ricomincia sempre, come dire, da zero.

Alla fine, l’esperienza di giocare Tz0 può suggerire un paio di temi non banali. Uno è senz’altro legato a quanto detto precedentemente. Il videogioco è davvero un mezzo che può essere usato per sperimentare altro. Una seconda considerazione può venire in relazione a quel che si chiama in gergo media mix, l’insieme combinato di diversi mezzi comunicativi per – diciamo – la promozione di una determinata “narrazione”. Senza scomodare esempi inarrivabili (il Giappone), si potrebbe dire che anche in Italia ci possono essere casi interessanti in merito, anche dove uno non se l’aspetterebbe, come dimostra 19m40s, con una operazione che è, a suo modo, artigianato fai da te. In un ipotetico futuro, sarebbe bello avere più contaminazioni così.