Tv, il problema non è il canone Rai
La politica occupa la Tv, allora aboliamo o tagliamo il canone della Rai. La proposta è diventata una specie di passepartout buono per tutti i leader in crisi quando si […]
La politica occupa la Tv, allora aboliamo o tagliamo il canone della Rai. La proposta è diventata una specie di passepartout buono per tutti i leader in crisi quando si […]
La politica occupa la Tv, allora aboliamo o tagliamo il canone della Rai. La proposta è diventata una specie di passepartout buono per tutti i leader in crisi quando si cimentano con i problemi dell’azienda pubblica. Lo dimostra l’uscita di Di Maio in visita a Bologna, che in verità ricalca quanto affermato un mese fa: se non si riesce a riformarla non è giusto pagare il canone così com’è.
Un ragionamento un tanto al chilo che se da un lato ricorda tanto la storiella del marito che si evira per far dispetto alla moglie, dall’altro sembra oramai essere l’ultima risorsa cui ricorrono capi e capetti in crisi di consenso.
Era successo a Renzi alla vigilia delle elezioni del 2018, ne aveva parlato anche Berlusconi senza mai crederci, anche per via del suo evidente conflitto d’interessi.
Noi ci chiediamo invece cosa ci sia da tagliare visto che il canone è il più basso rispetto agli altri paesi, mentre la Rai resta la più forte negli ascolti rispetto alle consorelle europee. Un patrimonio, pur con tutti i limiti, un bene comune.
Oltretutto nel famigerato contratto di governo il tema del canone non esiste.
Se si volesse intervenire il catalogo del resto è noto: autonomia e qualità, principi che valgono sia per la Tv pubblica che per quella commerciale, (utilizza pur sempre l’etere pubblico in concessione). E poi un organo di controllo sul sistema, l’Authority, però con modalità d’investitura (non certo quelle odierne partorite dal ministro Maccanico nel lontano 1997), che lo rendano immune da logiche politico-parlamentari che ne hanno minato l’effettiva funzione sanzionatoria.
In questo senso le proposte di riforma dei 5Stelle ci sembrano fortemente carenti ( con il Presidente che rimane appannaggio del governo e un bizzarro Cda con due esperti giuridico-economici, uno tecnico-scientifico e due provenienti dal campo autoriale), anche perché limitate all’azienda pubblica senza abbracciare l’intero apparato.
Eppure le idee di riforma ci sono, proposte di legge provenienti anche da quei settori della società civile un tempo corteggiati dal movimento. Basta solo riprenderle e discuterne seriamente.
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