«Brucia di vita, apri gli occhi e guarda in alto, la morte è lontana» cantava il gruppo punk torinese Negazione nel 1990 in quello che sarebbe stato il loro ultimo album. Solo un anno dopo a Rimini nasceva la compagnia teatrale Motus, sodalizio tra Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande. Ecco che allora appare calzare alla perfezione il titolo delle due notti, quella di ieri e di oggi, che Fuori Orario cose (mai) viste dedica al gruppo, Brucia di vita – Trent’anni di segnali dal pianeta Motus. Si tengono così insieme la furia della sperimentazione del primo periodo con l’ultimo spettacolo, Tutto Brucia, tredici repliche sold out al Teatro India di Roma e altre in programma in giro per l’Italia (a novembre a Milano e Torino).

IL LAVORO è una riscrittura de Le Troiane di Euripide ed è proprio all’indagine sulla tragedia che è stato dedicato il primo appuntamento la scorsa notte su Rai 3. Nel 2009 la compagnia ha infatti esplorato l’Antigone di Sofocle attraverso la messa in scena di diversi spettacoli; primo ad andare in onda è stato il confronto «mitico» tra Judith Malina del Living Theatre e la performer Silvia Calderoni, un dialogo proprio sulla figura di Antigone a partire dalla celebre versione del Living nel 1967. Dopo la versione integrale di Alexis. Una tragedia greca, testimonianza dell’uccisione del quindicenne Alexis Grigoropoulos per mano della polizia, la notte si è chiusa con un salto indietro nel tempo: un montaggio dei lavori dei Motus dagli inizi al 1999 tra messe in scena ed esperimenti al confine con la video arte, quando insieme a Nicolò e Casagrande c’era il performer Davide Zamagni.
Stanotte l’appuntamento è previsto per le 01,45, con in apertura un’intervista inedita rilasciata dai Motus per l’occasione. I due artisti approfondiranno alcuni temi legati all’ultima loro messinscena tra cui gli elementi di scarto rispetto alla precedente produzione della compagnia e il rapporto con la condizione pandemica.

SEGUIRANNO una serie di spettacoli che mettono in luce la passione del gruppo per il cinema e l’immagine: la versione integrale di Twin Rooms, registrata al Teatro Valle nel 2002 e parte di un progetto a più tappe «sullo spazio, il dentro/fuori, la presenza/assenza, il doppio. I testi arrivano da Genet e Tondelli, Pinter e Delillo, Cunningham e B.E. Ellis ma anche da film di Lynch, Fellini, Abel Ferrara, Gus Van Sant, Wong Kar-Way». Sarà poi la volta de L’ospite, liberamente tratto da Teorema di Pasolini nel 2004 e infine lo spettacolo del 2018 Panorama, composto dalle biografie di un gruppo di attori dell’East Village a New York.
Le due notti, curate da Fulvio Baglivi, sono un concentrato di «cose (mai) viste» sugli schermi, un giusto omaggio per l’attività trentennale di una compagnia dalla dimensione internazionale che è sempre stata avventurosa, vitale, aperta al confronto con le domande del presente, alla ricerca di una via personale e insieme collettiva per spingere il teatro – e per queste due nottate, la tv – un po’ più in là.