Il post dello scorso 9 novembre con cui Virginia Raggi ha raccontato, con quasi un mese di ritardo, la perquisizione e identificazione del writer Geco, con i toni trionfalistici che di solito si usano quando si consegna un pericoloso criminale alla giustizia, è stato un passaggio fondante dell’avvicinarsi della campagna elettorale della sindaca.
L’ideologia del decoro a Roma ha estimatori bi-partisan e e che si vorrebbe fare «voce popolare» nelle invettive del blog «Roma fa schifo» è stata assunta da Raggi come elemento qualificante per essere rieletta. Quel post, come è stato per lo sgombero del Cinema Palazzo, ha generato una reazione imprevista e per certi versi anomala: il mondo del muralismo capitolino ha iniziato a parlarsi e generare risposta culturale, politico e sociale. Così domenica 20 dicembre ci sarà un secondo ritrovo pubblico e unitario, dopo quello organizzato dal collettivo Dans La Rue al centro sociale Forte Prenestino, per dipingere un nuovo muro. «L’idea della #FreeGecoJam nasce da alcuni writers per ’scrivere’ il nostro punto di vista sulla questione Gec – dice Pietro Maiozzi, in arte Bol -. ’Tutti i writers sono uniti’ nelle differenti ricchezze in uno spazio che già dipingono da anni, la ’hall of fame’ di Tor Bella Monaca». «Color Onda» è il progetto del centro sociale di zona che, con l’associazione culturale El CHEntro ed il Municipio VI, sta dipingendo e restituendo legalmente spazi visuali urbani liberi alla città. «In questo contesto collettivo la jam è strumento di libertà di espressione che la costituzione italiana garantisce», continua Maiozzi. A lui fa eco Matteo di Graffiti Zero Roma: «Arte o non arte, giusto o sbagliato, un writer che agisce illegalmente sa a cosa va incontro. Sbattere però in prima pagina la notizia, a distanza di giorni dell’accaduto, sbandierando per di più nome e cognome di un cittadino presunto colpevole in nome di un decoro e di una sicurezza che sa di repressione è senza dubbio una strumentalizzazione mediatica vigliacca da parte della politica in un periodo di campagna elettorale».
L’attivista torna anche sull’iniziativa di domenica: «È la risposta libera e spontanea rispetto a quanto è successo – dice – Nasce dal basso, alimentata dalla necessità di far fronte alla minaccia che l’articolo 639 rappresenta: una limitazione alla libertà di espressione di ognuno di noi». E ricorda «’Tutti i writers sono uniti’, non solo in sostegno a Geco, ma per quello che il suo nome rappresenta in questo momento. Non riteniamo sia giusto punire una persona con il carcere solo per aver lasciato un segno su un muro. Dunque occorre cambiare l’articolo 639 del codice penale».
Proprio per questo è stata lanciata su Change.org una raccolta firme online che chiede di riprendere in mano la proposta di legge di riforma della legge che prevede la tolleranza zero per i writer, presentata nel febbraio 2018 dal deputato di Sinistra italiana Erasmo Palazzotto e scritta dall’avvocato Domenico Melillo e dal collettivo milanese Wiola Viola. Nell’appello, si condannano «le campagne mediatiche che dipingono ’chi segna la città con un suo tocco’ come il criminale responsabile della mancanza di sicurezza e decoro nella città. Una costruzione del nemico, che parte da dissidi estetici, e che viene utilizzata dalla politica per due motivi: da una parte per raccontarsi attiva nella cura dei bisogni dei cittadini, e pronta a spendersi per garantire la sicurezza contro i crimini; dall’altra c’è la volontà di costruire una città muta, dove l’impronta umana sia ridotta al minimo, se non per interventi concordati utili a far diventare quartieri e aree urbane attrattive per turisti ed investitori». Questo, promettono, è solo l’inizio della campagna.