Si è conclusa domenica la prima edizione della fiera milanese «Tempo di Libri», organizzata dalla Fabbrica del Libro. Le quattro giornate intense di appuntamenti e incontri hanno determinato l’annuncio di una seconda edizione (le date verranno rese pubbliche entro la fine di maggio).

Andando oltre il vociare di queste ore, di chi ancora ha cavalcato la presunta polemica – con annessa tifoseria – tra i saloni di Torino e Milano, consumatasi invece con qualche adulto e professionale chiarimento, i dati reali sulla affluenza della prima edizione di «Tempo di Libri» sono arrivati solo ieri.
Nel comunicato stampa ufficiale vengono riportate le quasi 70mila presenze in Fiera a cui si devono sommare le oltre 12mila sparse nelle 100 sedi del «fuori fiera» – insieme al successo della prima edizione del Mirc (Milan International Rights Center), punto nevralgico per l’incontro tra operatori italiani e stranieri (500 partecipanti da 34 paesi) per la vendita dei diritti su opere italiane che sono andati bene.

Pare che le aspettative fossero di almeno 80mila presenze, in effetti per i capitali investiti l’auspicio sarebbe stato più che plausibile, tuttavia stando solo al mero dato quantitativo, si rischia una valutazione puramente prestazionale e muscolare che colloca fuori asse ciò che invece ha circolato nei giorni della Fiera, un «di più», seppure nel suo esordio, di un progetto culturale che, per essere un primo esperimento, ha risposto adeguatamente al tenore di laboratorio di idee e scambi che aveva intenzione di essere fin dal principio.

Se infatti è importante la percezione degli addetti ai lavori è altrettanto vero che i numeri da soli non sono del tutto parlanti, non lo sono per chi è stato lì ad affollare i 720 incontri – frequentati da chi si è recato appositamente a Rho – e che hanno visto il protagonismo di autrici e autori (2000) che si sono profusi non solo nella presentazione dei propri libri bensì nel confronto su temi, focus e le proprie rispettive passioni.

Chiara Valerio, sotto la cui direzione il programma generale ha preso forma, si dichiara soddisfatta: «tutto si può migliorare e si migliorerà ma è stato molto bello». Ciò che colpisce è il lavoro di tessitura messo in campo proprio da Chiara Valerio, lo pensa anche Michela Murgia che parla di «quantità impressionante di economie di relazione che si sviluppano intorno alla sua credibilità. Chiara ha mosso l’inamovibile, semplicemente chiedendolo».

«Tempo di Libri» ha raccontato – come accade in simili circostanze – che il moltiplicarsi di eventi simili, nonostante la loro perfettibilità, non inficia né diminuisce il valore di quelli già in essere, se non si perde di vista il dialogo con il resto dell’esistente. Con un unico problema che invece resta: la scarsità di lettori in Italia, ma forse anche in questo caso andare oltre i numeri aiuterebbe a capire meglio.