Un mese dopo il suo ritorno in patria da un tour all’estero – Italia compresa – Yoani Sánchez rivendica il ruolo di portabandiera dell’opposizione al regime cubano La superbloguera ha infatti convocato venerdì sera nella sua casa dell’Avana un gruppo di attivisti, oppositori, autori di blog, giornalisti indipendenti per fare il punto sulla nuova legge migratoria (entrata in vigore a Cuba il 14 gennaio) e le nuove possibilità che essa apre per l’attività di dissidenza e opposizione al governo di Raúl Castro. «Sarà l’occasione per scambiarci i punti di vista sugli spazi internazionali che si aprono, ma anche di riflettere sui nuovi scenari che si presentano alla società civile cubana», ha scritto in Twitter.

Nei mesi scorsi un un gruppo di dissidenti e oppositori -almeno quelli che hanno ricevuto i finanziamenti per farlo, spesso attraverso ong legate ai servizi nordamericani- si è recato all’estero con l’intento di informare sulla realtà cubana e soprattutto di rafforzare l’appoggio e la solidarietà di politici e organizzazioni dell’emigrazione anticastristi. Oltre la Sánchez hanno viaggiato all’estero Antonio Rodiles, direttore di Estado de Sats, un forum di intellettuali indipendenti coordinato soprattutto con Miami allo scopo di favorire una transizione democratica a Cuba, la portavoce delle Damas de Blanco, Berta Soler, il direttore della Commissione cubana per i diritti umani e la riconciliazione, Elizardo Sánchez, Guillermo Fariñas e Rosa Maria Payá, figlia dello scomparso leader democristiano Oswaldo. Alla riunione convocata dalla bloguera erano attesi anche l’attivista Miriam Celaya e il socialdemocratico Manuel Cuesta Morúa.
Molti di loro all’estero – come la Soler a Roma, ma su questo punto la Sánchez ha mantenuto posizioni molto prudenti – hanno pubblicamente chiesto al presidente Obama di mantenere l’embargo contro Cuba, ritenendolo una forma di pressione economica indispensabile per abbattere il governo dei Castro.

Questo atteggiamento è stato duramente criticato dalla rivista cattolica Espacio laical, giudicandolo farisaico. Infatti i medesimi personaggi a Cuba evitano di dare pubblico appoggio al più che cinquantennale bloqueo, inviso e condannato dalla grande maggioranza dei loro concittadini, mentre una volta fuori dai confini nazionali danno fiato alle trombe in favore di una misura che divide la società cubana. Nell’editoriale, che si intitola «Sentieri che si dividono», la rivista della Chiesa cattolica cubana prende le distanze da questa linea che danneggia fondamentalmente il popolo cubano, visto che, come si legge in documenti ufficiali di Washington scritti negli anni ’60 del secolo scorso, la strategia dell’embargo è privare Cuba di fonti finanziarie in modo da provocare la riduzione dei salari, provocare fame e disperazione e causare l’abbattimento del governo.

La rivista è punto di riferimento di intellettuali cattolici e laici che chiedono profonde riforme, anche in politica, ma facendo riferimento alla linea martiana e patriottica – fortemente presente nel pensiero politico di Fidel – e dunque si battono perché i protagonisti di tali cambiamenti non siano i centri di potere di alcuni paesi forti e influenti.

Al contrario di questa linea, la Sánchez e i suoi ospiti hanno gli occhi puntati all’estero, ritenendo che l’appoggio – non solo economico, pur notevole visto che gli Usa stanziano 20 milioni di dollari a favore delle attività anticastriste – e le pressioni dell’emigrazione cubana e delle forze politiche che chiedono la fine del socialismo cubano siano fondamentali per indurre un cambio politico nell’isola. La capacità non solo di mobilitazione ma anche di penetrazione della società civile cubana di tali attività è assai scarsa – anche perché l’accesso a internet nell’isola è fortemente limitato – inversamente proporzionale all’ascolto che hanno all’estero. Tra i nuovi scenari esaminati dal gruppo di oppositori vi è probabilmente proprio l’allargamento dell’accesso dei cubani a internet in vigore dall’inizio di giugno