Il 17 luglio scorso gli atenei e gli enti di ricerca italiani sono stati divisi tra nobili decaduti e giovani rampanti. I media hanno pubblicato un’orgia di classifiche dove la Statale di Milano veniva superata per qualità della ricerca dalla Bicocca, mentre gli atenei delle città medio piccole come Padova, Trento, Pavia o Verona staccavano di gran lunga quelle di grandi dimensioni come la Sapienza di Roma. Il ministro dell’università e ricerca Maria Chiara Carrozza si è detta soddisfatta perché con questa valutazione «l’università italiana entra in Europa».

Il 22 luglio, l’agenzia per la valutazione della ricerca in Italia (Anvur) ha pubblicato un comunicato in cui sostiene una cosa ben diversa: le classifiche pubblicate urbi et orbi hanno solo valore metodologico e non influiranno sulla distribuzione di 540 milioni di euro agli atenei. Alla stampa insomma è stata fornita una classifica, con tanto di bollini verdi per gli atenei «virtuosi» e bollini rossi per quelli «non virtuosi» nella produzione della ricerca, che corrisponde solo ad uno degli scenari possibili che il ministro Carrozza dovrà valutare per assegnare i fondi.

Nel rapporto ufficiale della «Valutazione della Qualità della Ricerca» (Vqr) invece emerge un altro scenario, dove dodici atenei si scambiano il posto tra il girone dei nobili decaduti e quello dei giovani rampanti. Per una settimana si è creduto che atenei come quelli di Pisa, Modena e Reggio Emilia, Parma e Camerino fossero finiti in castigo, mentre in realtà appartengono alla categoria dei «meritevoli». Viceversa, Roma Tre e Tor Vergata, Macerata e Napoli Orientale, Bergamo, l’università per stranieri di Siena e quella di Castellanza che la stampa ha creduto «virtuose», nella relazione finale sono da «bollino rosso». Il Sant’Anna di Pisa, diretto fino a poco tempo fa dall’attuale ministro, ha avuto un ottimo voto sui giornali mentre nella relazione Anvur si classifica al quinto posto. Nel frattempo gli studenti milanesi che in questi giorni cercano di capire quale ateneo frequentare da settembre si sono fatti l’idea che la Statale è decaduta. E così quelli pisani che hanno visto stigmatizzare le performace scientifiche della propria Statale, magari consultando nelle edicole una guida del Corriere della Sera con i voti agli atenei, dipartimento per dipartimento.

In realtà questa gara, ad oggi, non sussiste. Bicocca compete nella categoria degli atenei medi, dove non entra nella classifica dei primi cinque, mentre la Statale di Milano rientra tra i primi cinque grandi atenei italiani. Le classifiche presentate dall’Anvur avevano suscitato una reazione educata nelle forme, ma stizzita nella sostanza, da parte del rettore della Statale Gianluca Vago: «Una graduatoria un po’ bizzarra, l’indagine appiattisce i risultati sulla performance media degli atenei – ha commentato – i criteri della valutazione Anvur sono da rivedere».

La battagliera rivista online Roars, che da sempre evidenzia la criticità di questi criteri, ha studiato l’enorme mole di dati e oggi sostiene che la precarietà delle classifiche si spiega perché l’Anvur ha predisposto una serie di scenari, ma ne ha consegnato solo uno alla stampa. Che poi si è sbizzarrita indicando i migliori e i peggiori nella gara per i 540 milioni di euro, senza considerare che la stessa agenzia di valutazione ha fatto un bagno di realtà e nella relazione procede con cautela.

Il problema è allora solo quello di una comunicazione sbagliata alla stampa che ha prodotto un sussulto tra i rettori e i ricercatori che vivono con difficoltà la valutazione del loro lavoro? La polemica imbastita da Roars è più sottile e va alla radice: entrambe le classifiche, quella pubblica e quella «scientifica», sono poco significative perché dipendono dalle dimensioni degli atenei e da molti fattori che misurano la capacità di attrarre risorse esterne o di istituire collegamenti internazionali, ad esempio.

Al di là delle classifiche e dei bollini rossi e verdi, chi davvero decide su come distribuire le risorse è solo l’autorità politica. Dopo tanto sfoggio di retorica sull’oggettività del merito, si scopre che nulla è ancora deciso e che la patata bollente è stata scaricata sul ministro Carrozza. Se le classifiche ipotetiche hanno prodotto un sordo brontolio negli atenei è prevedibile che la vera attribuzione dei fondi faccia esplodere una rivolta nelle università di ogni taglia, piccola media e grande.

Scheda: questo è il comunicato è il comunicato del 22 luglio
dove l’Anvur ammette l’errore

«I valori dell’indicatore finale di struttura IRFS pubblicati nel Rapporto Finale dell’ANVUR e quelli presentati il 16 luglio e  comunicati alla stampa sono diversi. Il motivo risiede nel fatto che i primi (quelli del Rapporto Finale) utilizzano come pesi di Area quelli calcolati utilizzando come costo di area la media dei quattro costi illustrati nell’Appendice D del Rapporto Finale, mentre i secondi (quelli della presentazione) utilizzano come valore dei pesi di Area unicamente la quota dei prodotti conferiti dalle strutture (Metodo CD_PC della Sezione D.2  dell’Appendice D del Rapporto Finale). Si ribadisce in ogni caso che tali valori rappresentano unicamente degli esempi di applicazione della metodologia, e che la scelta finale per un eventuale utilizzo nella distribuzione della quota premiale del FFO non è di competenza dell’ANVUR».