È durata solo due ore e mezza, lunedì, la riapertura del Parco Gezi dopo che il tribunale di Istanbul ha bloccato la scorsa settimana il progetto del comune che ne prevedeva la demolizione. 23 giorni dopo lo sgombero del parco nel pomeriggio il prefetto di Istanbul Avni Mutlu e il sindaco Kadir Topbas hanno annunciato in una conferenza stampa che lo spazio verde «era di nuovo aperto alla cittadinanza», ma anche che «i parchi della città non sono luoghi per organizzare proteste» e che la polizia sarebbe intervenuta per disperdere eventuali «manifestazioni non autorizzate».

Al termine della loro visita le forze dell’ordine hanno di nuovo occupato l’entrata del parco per impedire agli attivisti di Occupy Gezi di entrare, caricando poco dopo le migliaia di persone che avevano risposto all’appello della piattaforma Taksim Solidarietà a recarsi a Taksim per «riprendersi Gezi».

Gli agenti, che hanno attaccato con violenza una manifestazione simile sabato, sono intervenuti ancora prima che il corteo raggiungesse piazza Taksim. Gli scontri su via Istiklal sono proseguiti fino a tarda notte e le forze dell’ordine hanno fatto largo uso di idranti, lacrimogeni e proiettili di gomma in una vera e propria caccia all’uomo per le stradine intorno a via Istiklal che non ha risparmiato negozi, uffici e ristoranti dove gli agenti hanno fatto irruzione per arrestare chiunque fosse sospettatato di aver preso parte alle proteste. Più di 80 le persone arrestate nel corso della notte tra cui molti membri di spicco della piattaforma Taksim Solidarietà come l’architetto Mucella Yapici e il presidente dell’Ordine dei medici di Istanbul Ali Cerkezoglu.

In serata presidi per protestare contro la violenza della polizia sono stati organizzati in molte città del paese dove i cittadini solidali con Occupy Gezi continuano da settimane a manifestare contro il governo.

Un movimento che a più di un mese dall’inizio delle proteste non sembra placarsi e sta mettendo in difficoltà il premier Erdogan, già alle prese con il difficile processo di pace con gli autonomisti curdi e ora fortemente preoccupato dall’uscita di scena di un alleato importantissimo per Ankara, l’ex-presidente egiziano Morsi: «In Egitto è stato realizzato un golpe. E un golpe, contro chiunque venga compiuto, è un atto grave e deplorevole», ha dichiarato domenica il premier turco chiedendo, l’immediato rilascio del esponente dei Fratelli musulmani.

Nella mattinata di ieri la polizia ha fatto irruzione nelle case degli attivisti della piattaforma Taksim Solidarietà arrestati lunedì, «perquisizioni illegali» secondo gli avvocati degli attivisti visto che per ora ai loro assistiti sono solo in stato di fermo e non gli è stato contestato alcun reato.

L’Unione dei medici turchi, inoltre, ha denunciato che la polizia ha fatto largo uso di proiettili di gomma e che Mustafa Ali Tombul, un giovane manifestante diciassettenne è rimasto gravemente ferito durante gli scontri. Le forze dell’ordine, tuttavia, lunedì, non hanno attaccato solo i manifestanti prendendo di mira, come già accaduto negli scorsi giorni, i giornalisti.

Sabato più di 10 giornalisti sono stati fermati dalla polizia nonostante avessero mostrato agli agenti il loro tesserino stampa e ieri pomeriggio davanti al liceo di Galatasaray, nel corso delle proteste, Mehmet Kaçmaz fotografo dell’agenzia turca Nar Photos è stato colpito a un occhio da un proiettile di gomma. Buone notizie invece per il fotografo italiano Mattia Cacciatori, fermato dalla polizia turca sabato e liberato ieri.