Alexis Tsipras ha voluto seguire con decisione la via che porta alle elezioni anticipate, il prossimo 20 settembre. Alla riunione in cui si è deciso il ricorso anticipato alle urne hanno preso parte tutti i più stretti collaboratori del premier greco: il ministro alla presidenza Nikos Pappàs, il capogruppo di Syriza alla camera, Nikos Filis, il ministro per il riassetto produttivo Panos Skourletis.

«Non si tratta dell’accordo che avremmo voluto, ma senza il sostegno e la resistenza dimostrata dal popolo greco, i creditori ci avrebbero portato alla catastrofe, o avrebbero imposto totalmente la loro linea», ha sottolineato Tsipras, nel suo discorso di quattordici minuti, trasmesso ieri sera dalla televisione pubblica Ert.
Secondo il leader greco, il paese sta iniziando ad uscire da una situazione molto difficile, e «lotterà per ridurre al minimo gli effetti negativi del compromesso, dirà no a tagli lineari, alle barbarie nella legislazione sul lavoro, compiendo ogni sforzo per riconquistare pienamente la propria sovranità nazionale». Una forte stoccata è anche arrivata all’indirizzo della minoranza interna del partito, che non ha sostenuto, in parlamento, l’accordo con le istituzioni creditrici: «Con il voto giudicherete anche chi vorrebbe dei prestiti passando alla dracma e, con incoerenza, ha trasformato un governo eletto pochi mesi fa, in una minoranza parlamentare».

Tsipras, infine, ha ricordato gran parte delle misure adottate in questi sette mesi di governo. Dalla riapertura della televisione pubblica Ert, alla possibilità, per i cittadini, di saldare in cento rate mensili i debiti verso lo stato, fino alla legge che dà la cittadinanza greca ai figli degli immigrati.

Nel suo complesso, la strategia è chiara: giocare l’effetto sorpresa, potersi giovare del vasto appoggio popolare di cui continua a godere Tsipras, ritenuto da gran parte dei greci un politico onesto, che cerca di fare del suo meglio per uscire da una situazione al limite della disperazione Una situazione in cui il paese si è venuto a trovare, principalmente, per responsabilità del centrodestra di Nuova Democrazia, ma anche dei socialisti del Pasok, che si sono alternati al governo per quarant’anni. Ovviamente, la scelta di dimettersi per andare, così, ad elezioni anticipate, secondo molti osservatori, è condizionata anche dal altri due elementi : cercare di ridurre la possibilità della minoranza interna di Syriza- della Piattaforma di Sinistra- di potersi organizzare in vista delle elezioni e cogliere di sorpresa, per quanto possibile, anche tutti i partiti dell’opposizione.

Secondo quanto filtra dall’ambiente dell’ex ministro Panajotis Lafazanis, la Piattaforma di Sinistra ha già avviato, comunque, molti contatti per la formazione delle liste di un movimento autonomo, il quale dovrebbe avere come punto cardine l’opposizione alle politiche di austerità e dei memorandum di intesa con i creditori. Bisognerà vedere, ovviamente, quali spazi politici possono venirsi a creare, nello spazio tra Syriza e il partito comunista “ortodosso” Kke, per una nuova formazione come questa.

Secondo quanto riportano molti analisti greci, Alexis Tsipras avrebbe voluto andare ad elezioni anche il 13 settembre, ma, dopo una breve verifica, si è constatato che non ci sarebbero stati i tempi tecnici necessari. Lunedì dovrebbe giurare un governo presieduto, molto probabilmente, dalla presidente della Corte di Cassazione, che porterà il paese alle urne, come prevede la costituzione greca. Va inoltre ricordato un altro elemento di primaria importanza: in caso di elezioni legislative anticipate, convocate entro diciotto mesi dall’ultima tornata elettorale, i trecento deputati del parlamento greco non si eleggono con le preferenze, ma con delle liste preparate dai partiti. È chiaro, quindi, che i dissidenti che dovessero decidere, al momento, di non uscire da Syriza, avrebbero, comunque, ben poche possibilità di venire ricandidati. Tutti gli esponenti vicini a Tsipras, nelle ultime ore hanno fatto sentire il loro sostegno, riguardo alla necessità di andare nuovamente alle urne. «Ci vuole una nuova legittimazione popolare», secondo il ministro dell’interno Nikos Voutsis, mentre anche il responsabile del dicastero per la riorganizzazione produttiva, Skourletis, ha ricordato che la fiducia popolare deve essere rinnovata, dal momento che «Syriza, in questa fase, è chiamata ad attuare un programma per il quale non è stata eletta».

Quanto al fronte dell’opposizione, il centrodestra di Nuova Democrazia ed i socialisti del Pasok potrebbero cercare di individuare alcuni punti programmatici da su cui insistere di comune accordo, ma è stata esclusa a priori qualunque forma di collaborazione a livello di liste e candidati, dal momento che, secondo quanto dispone la legge elettorale greca, non potrebbero, comunque, giovarsi del premio di maggioranza.

Si torna alle urne, quindi, dopo la vittoria di Syriza del 25 gennaio scorso, con il 36,3% dei voti e 149 seggi. Dopo una trattativa di quasi sette mesi, interrotta perché si potesse tenere il referendum del 5 luglio scorso, quando il 61,3% dei greci ha chiesto la fine delle politiche di austerità. Ora Tsipras chiede ai greci di rinnovargli la fiducia, «perché i giorni migliori non li abbiamo ancora vissuti».