Una dopo l’ altra le carte in tavola cambiano in tempo record a favore di Atene e del suo neo governo di Syriza, che trova alleati inaspettati in chiave anti-Merkel. Nessuna gioia, anzi la prudenza prevale nella capitale greca dove la maggioranza dei greci (il 67% approva il nuovo governo) si rende conto che il Paese si trova soltanto all’inizio di una partita a scacchi dura, dove l’ avversario non è tanto Bruxelles, quanto Berlino e le sue politiche economiche.

Dopo la promessa di Parigi tramite il ministro delle finanze, Michel Sapin, di sostenere Atene nel tentativo di ridurre il suo debito e di lanciare riforme strutturali che portino crescita, -appoggio dovuto anche al fatto che pure la Francia deve far fronte al suo debito cresciuto in modo vertiginoso- da Washington è giunta un’ altra voce di peso per sostenere Alexis Tsipras.

«Non si puó continuare a spremere Paesi che sono in profonda depressione. A un certo punto deve esserci una strategia di crescita per permettere loro di rimborsare i debiti ed eliminare parte del loro deficit» ha detto Barack Obama in un intervista rilasciata a Cnn. Per il presidente americano «è molto difficile avviare dei cambiamenti (in Grecia), se il tenore di vita della gente é sceso del 25%», perché «alla lunga il sistema politico, la società non possono sopportarlo». Ci vorrebbe quindi un «compromesso di tutte le parti».

Il sostegno di Atene da parte di Parigi e di Washington è avvenuto poche ore prima del viaggio di Alexis Tsipras a Nicosia e a Roma, dove il premier greco sa che ci sono dei problemi simili che cercano soluzioni. La visita a Nicosia, inoltre, -la prima di Tsipras all’ estero in qualità di primo ministro, com’è ormai tradizione per tutti i premier greci appena eletti- era un’occasione buona per delineare la sua politica estera nei confronti di Ankara. Una politica tutto sommato ancora incognita visto che Tsipras, non aveva ancora avuto occasioni per esprimersi.

«Obiettivo strategico di ambedue i Paesi è la risoluzione della questione cipriota… senza Grecia e Cipro, l’ Europa è mutilata» ha sottolineato il premier greco dopo i colloqui con il presidente della Repubblica, Nikos Anastasiadis in segno di solidarietà all’ isola la cui parte nord (il 38% del territorio) rimane occupata fin dall’invasione dell’ esercito turco nel 1974. Questa occupazione della parte settentrionale del Cipro e del fatto che in seguito dall’ Anatolia turca sono stati mandati più di 15 mila coloni a «rubare» le terre dei greco-ciprioti, continua ad avvelenare i rapporti tra le due comunità, greco e turco-cipriota, ma anche tra Atene e Ankara, nonostante le centinaia di risoluzioni Onu e la diplomazia delle «belle parole».

Con 800mila abitanti in tutto e un prodotto interno lordo di appena 17,6 miliardi di euro nel 2012, i problemi dell’economia cipriota fino ad allora non avevano interessato i leader europei. Cipro, a soli 100 chilometri dalle coste del Medio Oriente, era troppo lontana da Bruxelles e da Berlino, che per anni hanno preferito chiudere un occhio sull’occupazione turca, ma anche ai giochi sporchi di russi e di ucraini, di arabi e di cinesi. Una vera rete mafiosa con aziende offshore, che traffica armi, diamanti e migranti, cresciuta grazie alla bassa tassazione e alla posizione dell’isola. Nessun allarmismo a Bruxelles neppure quando Dimitris Christofias, un comunista moderato, capo dello stato cipriota fino al dicembre del 2012, aveva fallito nel far fronte alla crisi economica che nel 2009 aveva colpito Cipro.

L’interesse tedesco per Nicosia è cresciuto quando Standard & Poor’s aveva parlato del rischio di un default a Cipro e poi quando si è appreso che nell’area mediterranea a sud dell’ isola ci sono dei giacimenti di gas sui quali anche Israele reclamava la sovranità. Un vero tesoro equivalente, secondo le stime, a 122mila miliardi di piedi cubi di gas.

Non a caso nel gennaio del 2013, subito dopo l’accordo cipriota-israeliano per lo sfruttamento dei giacimenti di gas e di petrolio nel bacino di Lavandula, a largo di Cipro, Angela Merkel é volata a Nicosia per una visita lampo. Un mese dopo, a metà febbraio, un rapporto dell’intelligence tedesca spiegava come «i principali beneficiari degli aiuti (europei) saranno gli uomini d’affari e i mafiosi che hanno investito denaro sporco a Cipro». Nello stesso tempo, Bruxelles e Berlino «tagliavano» il settore bancario cipriota con l’alibi che fosse ipertrofico, mirando da una parte a far trasferire i depositi bancari verso banche tedesche, e dall’altra a tagliare le gambe russe nel Mediterraneo sudorientale.

Due anni dopo l’austerity continua a pesare. E pure il comportamento del governo turco. Ieri il premier greco, riferendosi all’invio da parte di Ankara di una nave per ricerche petrolifere in acque della zona economica esclusiva di Cipro –Nicosia ha già concesso la licenza a diverse società petrolifere- ha affermato che «ci sarà un coordinamento degli sforzi (tra Atene e Nicosia) per difendersi dalle provocazioni turche», perché si tratta di «una grave violazione del diritto internazionale… che scava i colloqui per una soluzione giusta e equa della questione cipriota».