L’ex presidente Donald Trump ha fatto ritorno scena politica sabato sera con un discorso alla Republican Party State Convention a Greenville, in North Carolina. È stato il suo primo discorso importante da febbraio, quando Trump aveva parlato alla Conservative Political Action Conference. A Orlando, in Florida e lo ha usato per ripetere ossessivamente che in realtà le elezioni le aveva vinte lui e che sono state “rubate” dai democratici.  Il bagno di folla c’è stato ma la capacità di Trump di imporre la sua presenza e i suoi temi all’opinione pubblica è molto diminuita: CNN e Fox News hanno deciso di non trasmettere in diretta il discorso, una cosa impensabile fino a poco tempo fa. Non solo, pochi giorni fa Facebook ha deciso di mantenere il divieto di accesso per altri due anni, rinnovabili, Twitter continua a escluderlo dalla sua piattaforma e il suo blog, inaugurato poche settimane fa, è stato chiuso la settimana scorsa per mancanza di lettori. Significa che l’ex presidente è ormai fuori dalla politica, un perdente che non ha più presa su ciò che accade a Washington?

Al contrario, con il passare dei mesi, il partito repubblicano sembra essersi riavvicinato a lui, nonostante le sue responsabilità nell’assalto al Congresso del 6 gennaio scorso. I senatori repubblicani hanno impedito la formazione di una commissione di indagine sul tentativo di colpo di stato avvenuto in quella occasione e la maggioranza di deputati e senatori intendono restargli fedeli, al punto da promuovere in vari stati dei “riconteggi” delle schede delle elezioni del novembre scorso, come se questo potesse mettere in discussione il risultato elettorale e la presidenza di Joe Biden.

A questo si aggiungono i guai giudiziari: Trump ha vissuto pericolosamente tutta la sua vita, speculando, corrompendo, evadendo le tasse. Da palazzinaro l’ha sempre fatta franca, un po’ per il potere del denaro, un po’ per la sua aggressività e un po’ per la facilità con cui chi avrebbe dovuto difendere l’interesse pubblico si faceva intimidire o raggirare. Adesso sembra arrivato il momento della verità: la procura di New York ha avuto accesso alle sue dichiarazioni fiscali e sta indagando a fondo sulla Trump Organization.

Al contrario dell’Italia, l’evasione fiscale negli Stati Uniti è un reato preso molto seriamente, come scoprirono Al Capone nel 1931 e molti altri affaristi dopo di lui. Quindi la possibilità di una condanna è reale: il procuratore di New York Cyrus Vance jr. (un democratico) ha convocato un Grand Jury che deciderà se rinviarlo a giudizio per decine di potenziali violazioni della legge. Inoltre la procura può contare su vari testimoni, tra cui l’ex braccio destro di Trump Michael Cohen, l’avvocato che maneggiava gli affari sporchi del capo.

Le questioni fiscali sono solo una parte dei problemi di Trump perché da qualche mese ci sono anche due dossier legati al suo disperato tentativo di rovesciare il risultato elettorale a favore di Joe Biden. Prima di tutto c’è l’indagine sulla telefonata di Trump al Segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger nella quale l’allora presidente chiedeva di “trovargli” 11.780 voti, quelli necessari per rovesciare il risultato delle elezioni in quello Stato. Poiché interferire con le operazioni elettorali è un reato e la telefonata è stata registrata dallo stesso Raffensperger (un repubblicano), la situazione legale di Donald Trump nel processo che si terrà ad Atlanta è quanto meno precaria.

Più grave ancora è la denuncia effettuata dal deputato democratico Bennie Thompson per “incitamento all’insurrezione”. Il fatto che Trump sia stato assolto dal Senato nel processo di impeachment tenutosi in febbraio non significa che sia al riparo dalle procedure giudiziarie ora che è un privato cittadino. In particolare, una legge del 1871 promulgata per colpire il Ku Klux Klan prevede la possibilità di agire in sede civile contro chi interferisca con le operazioni elettorali o ostacoli il regolare funzionamento di uffici governativi.

La legge era stata concepita per proteggere le amministrazioni degli Stati del Sud a maggioranza nera dal terrorismo dei bianchi sconfitti nella Guerra civile, ma evidentemente si applica perfettamente a una situazione in cui qualcuno invita a dare l’assalto al Congresso per impedire il conteggio dei voti elettorali: non solo tutti i poliziotti in servizio al Campidoglio il 6 gennaio (tre dei quali sono morti) ma anche i dipendenti del Congresso, più i 435 deputati e i cento senatori potrebbero portare in giudizio Donald Trump e Rudy Giuliani. Quindi si tratta di una valanga di azioni legali che minacciano seriamente la sua posizione e anche la sua futura agibilità politica. Nello stesso tempo, il fascino che esercita sugli elettori repubblicani e il timore che incute a deputati e senatori del suo partito in vista delle elezioni del novembre 2022 rimangono assolutamente reali.