Il divorzio politico di Donald Trump e Steve Bannon è un terremoto all’interno della già terremotata scena politica americana. La richiesta del presidente Trump di non pubblicare il libro di Wolff, «Fire and Fury. Inside the Trump White House», sulla sua presidenza ha avuto l’effetto di farne anticipare la pubblicazione.

The Donald ha provato a screditare lo scrittore e giornalista Michael Wolff, autore del testo, scrivendo su Twitter di non avere mai parlato con lui per il libro «pieno di bugie, false rappresentazioni e fonti che non esistono». «Certo che ho parlato con il presidente – ha replicato Wolff in un’intervista alla Nbc – Ma se ha capito o meno che era un’intervista non lo so».

Wolff parla di un uomo che «tutti hanno descritto come un bambino che ha bisogno di gratificazione immediata. Tutto ruota intorno a lui. Dicono che è un cretino, un idiota, e la mia credibilità è messa in dubbio da un uomo che ha meno credibilità, forse, di chiunque abbia mai camminato sulla Terra finora».

«Guardate al passato di questa persona e guardate cosa accade a lui e allo Sciatto Steve!», ha continuato su Twitter Trump riferendosi anche a Bannon, una delle principali fonti del libro.

Non è in effetti un buon momento per Steve Bannon che avrebbe perso il sostegno del suo principale finanziatore, la miliardaria conservatrice Rebekah Mercer, che ha fatto sapere al Washington Post: «Io e la mia famiglia non comunichiamo con Bannon da molti mesi e non abbiamo fornito supporto finanziario alla sua agenda politica né sosteniamo le sue recenti azioni e dichiarazioni». In passato Mercer e suo padre avevano abbondantemente finanziato i progetti di Bannon, incluso Breitbart.

Trump non ha però smesso di twittare e ha affermato che «ora che la collusione con la Russia si sta dimostrando una bufala totale e che l’unica collusione è tra Hillary Clinton e l’Fbi/Russia; i Fake News Media e questo falso nuovo libro stanno attaccando ogni nuovo fronte immaginabile».

 

In realtà il Russiagate è lontano dall’essere una conclamata bufala: il New York Times ha rivelato che Trump a marzo diede chiari ordini al capo dell’ufficio legale della Casa bianca, Donald F. McGahn, per convincere l’attorney general Jeff Sessions a non ricusarsi dall’indagine del Dipartimento di Giustizia sul Russiagate, espressamente per proteggerlo. Il tentativo fallì e Trump andò su tutte le furie davanti allo staff.

Questo è solo uno degli episodi che il procuratore speciale Robert Mueller ha appreso nel corso dell’indagine sulla possibile ostruzione della giustizia da parte del presidente Trump. Un altro è una lettera per l’allora capo dell’Fbi James Comey, in cui Trump definiva il Russiagate un’indagine «fabbricata e politicamente motivata», lettera che i suoi collaboratori gli impedirono di inviare.

Mueller avrebbe comunque memo verificati di Comey su preoccupanti pressioni del presidente prima che lo licenziasse e note dell’ex capo dello staff Reince Priebus riguardo una telefonata di Trump a Comey in cui gli chiedeva di scagionarlo pubblicamente dal Russiagate.

In un’altra direzione sta andando la Commissione giudiziaria del Senato che sta conducendo una delle tre indagini del Congresso sul Russiagate: il senatore repubblicano dello Iowa, Charles Grassley, presidente della Commissione, dopo un anno di indagini ha chiesto che il Dipartimento di Giustizia indaghi per possibili accuse penali l’ex spia britannica Christopher Steele, autore dell’ormai famoso «dossier» dove si asserisce che la campagna di Trump è stata coordinata insieme al Cremlino.

Questa mossa della Commissione segna un’escalation della lotta dei conservatori contro la credibilità dell’Fbi nell’indagare i reati commessi da Trump e dal suo staff. Questo nonostante l’Fbi poche ore prima avesse fatto sapere di star indagando con i procuratori federali riguardo le ipotesi di corruzione legate alla Fondazione Clinton.

Gli investigatori stanno verificando se ai donatori della fondazione siano stati promessi favori politici o un accesso speciale ad Hillary Clinton quando era segretaria di Stato e se ci siano stati abusi nelle esenzioni fiscali.