Donald Trump e Joe Biden l’altra sera non hanno affrontato i temi di politica estera. Solo i rapporti con la Cina sono occasionalmente entrati nel dibattito. Si attendono i prossimi scontri in diretta tv per capire quali linee di politica estera annunceranno agli statunitensi e a tutto il pianeta. Tra coloro che ascolteranno con attenzione ci sono i paesi del Medio oriente dove l’Amministrazione in carica ha rivolto buona parte della sua azione nei passati quattro anni ed è riuscita, dal suo punto di vista, a raccogliere risultati concreti.

 

Il progetto di Trump è chiaro: imporre la legge del più forte – gli Usa – sulle risoluzioni dell’Onu. Gli ultimi anni hanno visto pesanti picconate a tutto ciò che in Medio Oriente è stato sancito sulla base di leggi e risoluzioni internazionali: gli Usa sono usciti dall’accordo sul programma nucleare iraniano firmato nel 2015 (anche dall’Amministrazione Obama) e sono quasi arrivati al conflitto armato con Tehran; hanno riconosciuto unilateralmente Gerusalemme come capitale di Israele – e trasferito l’ambasciata Usa da Tel Aviv nella Città santa – e il Golan siriano come parte dello Stato ebraico. Quindi hanno proclamato la legalità degli insediamenti coloniali israeliani in Cisgiordania e Gerusalemme est e presentato, lo scorso gennaio, il piano “Accordo del secolo” per il Medio oriente che ha aperto la strada al piano del premier Benyamin Netanyahu per l’annessione unilaterale a Israele di una porzione di Cisgiordania. Infine tra agosto e settembre la Casa Bianca ha annunciato la normalizzazione dei rapporti tra Emirati, Bahrain e Israele, culminata il mese scorso nella firma dell’Accordo di Abramo a Washington. Tutto lascia pensare che, se sarà riconfermato presidente, Trump seguirà la stessa strada. Netanyahu tifa per lui. Israele non potrà che ottenere altri vantaggi dalla conferma dell’Amministrazione attuale. Se invece sarà Joe Biden a vincere le presidenziali, cambierà qualcosa nella linea Usa in Medio oriente?

 

L’interrogativo gira da mesi. Con Biden presidente si prevedono cambiamenti ma non drammatici. Netanyahu è tranquillo. Dopo aver temuto a inizio anno che il Democratico socialista Bernie Sanders, sfidante alle primarie di Biden e fautore di una politica diversa e più critica degli Usa nei confronti di Israele, potesse avere chance reali di arrivare alla sfida diretta con Trump, il premier israeliano ha visto trionfare l’establishment democratico tradizionale legato a doppio filo a Israele e di cui Biden è certamente un pilastro. La scelta come potenziale vicepresidente della senatrice democratica Kamala Harris, contraria a qualsiasi limitazione agli aiuti militari e finanziari Usa a Israele, ha ulteriormente rassicurato Netanyahu e il suo alleato centrista, il ministro della difesa Benny Gantz.

 

«Nel Partito democratico ci sono molti fermenti sfociati nell’elezione al Congresso di parlamentari controcorrente. La base mette in discussione la politica abituale del partito verso Israele e palestinesi. Ma i vertici tradizionali restano forti», spiega al manifesto il giornalista e analista israelo-statunitense Ben Lynfield. «Biden proverà a prendere le distanze, almeno in parte, da Trump» aggiunge «cestinerà gradualmente l’Accordo del Secolo, riallaccerà i rapporti con i palestinesi e sosterrà di nuovo la soluzione a Due Stati (Israele e Palestina, ndr). Ha già detto che non accetterà mosse unilaterali, come l’annessione di parti di Cisgiordania a Israele. Però non tornerà indietro su Gerusalemme e il Golan e spingerà per nuovi accordi di normalizzazione tra paesi arabi e Israele». Non è peraltro insignificante che l’uomo dietro alla campagna di donazioni per Biden sia Haim Saban, sostenitore acceso di Israele e dell’Accordo di Abramo.

 

Biden adotterà un atteggiamento più coinciliante con Tehran, con l’intento di placare le tensioni tra i due paesi, prevede Lynfield. «Tuttavia – avverte – ciò non vuol dire che riporterà gli Usa subito dentro gli accordi sul nucleare iraniano approvati quando era vice di Obama. Molto dipenderà anche dagli iraniani. La politica di Trump ha ridato forza all’ala più rigida degli apparati iraniani, non sarà facile creare un clima di fiducia tra i due paesi».