Le Note per un trittico (Asterios, pp. 64, euro 5.90) restituiscono una ricca e complessa riflessione in tre tempi messa in campo da Velio Abati, Roberto Bongini e Lelio La Porta attorno al rapporto tra «Metafisica, Tempo, Storia» come recita il sottotitolo del libretto. Se a contrassegnare i testi è un vero e proprio corpo a corpo con i classici del pensiero occidentale, da Agostino a Spinoza, da Parmenide a Kant, a definirli è però il punto d’approdo dei ragionamenti, che negli autori è sempre di taglio materialistico e politico. La pensabilità della rivoluzione e l’allestimento, per certi versi profetico, di un tempo consono alla liberazione anticapitalistica costituiscono l’oggetto reale dei tre contributi.

PER USARE UN TERMINE pregnante che occorre nel libro, l’«inciampo metafisico» della scelta tra bene o male e del rapporto tra soggettività libera e mondo oggettivo, tra la praxis e quel che Sartre avrebbe chiamato il «pratico-inerte», conduce Bongini, nel saggio di apertura, a una rilettura, per via dialettica, del tema dell’origine, a beneficio di una teoresi della relazione e dell’interazione umana sotto il rispetto della totalità. «In un mondo inteso come un’interazione totale – scrive – i processi sono dialettici, si originano emergendo non all’improvviso, come da una creazione partendo da qualcosa o dal nulla», ma dalla intricata rete di «variazioni» che poggiano su talune «condizioni» di possibilità. L’astuzia del capitalismo consiste nel demistificare quest’opera di mediazione imponendo una sorta di desiderio costante di immediatezza, che rischia di neutralizzare l’idea stessa di rivoluzione.

RILEGGENDO AGOSTINO, in un saggio assai gravido di implicazioni teoriche, Abati riporta l’accennato conflitto tra mediazione e immediatezza nel campo della significazione e del conflitto interpretativo. In un mondo amministrato dall’eterno presente dell’atto, la materialità delle relazioni sociali rappresenta un argine allo sconfinamento nella «babele interpretativa». Le condizioni di possibilità del pensiero e della sua costante ricostruzione riposano, pertanto, in un’oggettività sociale che rischia costantemente d’essere cancellata o rimossa.

PIÙ MARCATAMENTE POLITICO, il contributo di La Porta, che chiude il Trittico, riflette sulle concrete alternative dell’ipotesi comunista. Qui, sul piano della filosofia della storia, l’approdo a Marx e Gramsci trova sostanza in una lettura materialista (e, perché no, leopardiana) del rapporto tra natura e storia che insiste sul nesso tra materia, pensiero e realismo. Solo un’ottica materialista può, per La Porta, garantire quel continuo rimando a un futuro altro e possibile che alimenta il pensiero utopico, purché esso si affidi non alla facile immediatezza dell’urto, quanto ai tempi lenti della sedimentazione.