Nella piazza «da sempre considerata a disposizione di tutti, sarà compresso momentaneamente il diritto a manifestare», dice chiaro e tondo il prefetto Valenti. La motivazione del divieto è l’aumento di contagi di Covid in città, che sarebbero stati causati dalla mobilitazione continua contro il Green Pass. In città l’incidenza settimanale è salita a 350 casi ogni centomila abitanti, un valore tre volte più alto rispetto alla media regionale e sei volte superiore a quella nazionale.

Un qualche legame tra i nuovi casi e le manifestazioni è certo plausibile. Un centinaio di casi positivi, secondo i sanitari, riguarda partecipanti ai cortei non vaccinati. Ma prima di «comprimere il diritto a manifestare» in nome della salute pubblica bisognerebbe avere più che un vago indizio.

Finora, le ricerche internazionali convergono nello stabilire che all’aperto il contagio è molto improbabile e gli eventi «superdiffusori» avvenuti in ambiente outdoor si contano sulle dita di una sola mano.

È vero che nei cortei si sono indossate di rado le mascherine e non si è prestata molta attenzione alle distanze. Ma dopo eventi svoltisi in condizioni analoghe a quelle di Trieste, come le manifestazioni del movimento Black Lives Matter negli Usa quando i vaccini ancora non c’erano, non si è osservata una differenza significativa dei contagi nelle contee che hanno ospitato le proteste rispetto alle altre, come è stato attestato da diversi studi.

Per altro, anche un aumento dei casi tra i manifestanti, di per sé, non sarebbe una prova sufficiente per vietare le manifestazioni: ai cortei si accompagnano spesso altri momenti di socialità, magari in ambienti chiusi come bar o ristoranti, in cui invece è dimostrato che il contagio è molto più probabile.

Per spiegare il focolaio triestino, inoltre, ci sono almeno altri due fattori importanti. Secondo lo stesso Fabio Barbone, capo della task force sanitaria del Friuli-Venezia Giulia, nella provincia il tasso di vaccinazione è «di 5 punti percentuali inferiore alla media regionale», che a sua volta è 5 punti sotto quella nazionale. Un’ulteriore stretta contro le manifestazioni difficilmente convincerà i recalcitranti ad immunizzarsi, ma rischia di polarizzare ancora di più le posizioni.

Infine, ed è forse l’elemento più trascurato dalle analisi, Trieste si trova al crocevia tra Austria, Slovenia e Croazia, nazioni in cui il numero di contagi è tornato sui livelli dello scorso autunno e quindi ai massimi storici. Il ruolo del porto triestino espone in modo naturale la città ai focolai transfrontalieri e, anche in assenza di manifestazioni, il picco di questi giorni era probabilmente inevitabile.