Il regista Carmelo Rifici e la drammaturga Angela Dematté condividono sicuramente un debole per la storia, che sia più lontana (Galileo nella Controriforma) o più vicina a noi, anzi storicamente il nostro quasi immediato ieri, su cui allargano lo zoom del loro nuovo spettacolo: De Gasperi: l’Europa brucia (al teatro Vascello ancora fino a domani). E certo affrontare una realtà così vicina e complessa mette nel conto una qualche «verbosità» per quanto aiuti gli spettatori, soprattutto i più giovani, a scoprire cause e responsabilità della via italiana nel dopoguerra, a indirizzo democristiano, di cui, almeno in parte, aiuta i più giovani a capire le ricadute. O almeno le sue origini, approdate ora a un governo aggressivo nei progetti e nel comando quanto sgangherato nelle sue «conquiste».

PROTAGONISTA in scena è ovviamente l’eroe che dà il titolo, il capo del governo del dopoguerra, che in scena si confronta con l’alleato americano e cerca di tenere a bada il partito comunista a nome del quale interloquisce il segretario Togliatti. Una vera, e severa, lezione di storia per chi ancora deve affrontare la maturità scolastica, e per gli adulti che vogliano capire la storia che ci ha portato alla palude nerastra di oggi. È evidente lo sforzo (e la scelta) di regia e di testo, di concentrarsi sul leader della «rinascita» postbellica, anche se il tono (drammatico ed esplicativo) corre sul rischio delle tristi tribune politiche targate Rai, ricche di affermazioni apodittiche. Ed è forse un peccato, avendo a disposizione un cast molto forte, costringere lo spettatore a districarsi tra discorsi, accordi e convenienze che vogliono spiegare quello che poi è successo.

IL CONFRONTO tra De Gasperi e Palmiro Togliatti a nome dei rispettivi partiti (ed alleati, in patria come all’estero) evoca in qualche modo i tristi confronti che di solito sciorina la Rai. La grandezza di De Gasperi appare nel suo fiuto politico di alleanze e prospettive, ormai dissolto da anni con la fine della Democrazia Cristiana, che ha sbriciolato un consenso e una intraprendenza che forse si poteva immaginare, almeno come pericolo. Nella scena severa e funzionale di Daniele Spanò, si muovono attori di livello. De Gasperi tocca a Paolo Pierobon, in assoluto uno dei migliori della scena italiana (non sarà stato un caso che Ronconi lo abbia voluto protagonista degli ultim suoi spettacoli); e bravi anche Giovanni Crippa come generale statunitense e Emiliano Masala nel ruolo di Togliatti. Ma il tono delle loro discussioni, certo istruttivo, non è detto debba necessariamente appassionare lo spettatore di oggi, ahinoi sballottato tra Trump e Putin.