Il ministro Giovanni Tria ci crede. «Non vedo ostacoli al raggiungimento di un accordo» con Bruxelles, dichiara mettendo da parte la prudenza. Poi dettaglia: «Per un’economia a crescita zero l’obiettivo di un deficit pubblico del 2,1% per l’anno corrente è una politica di bilancio più che prudente». Il ministro è convinto che le risorse trovate, quelle che figureranno stasera nella legge di assestamento di bilancio, siano sufficienti a garantire, «senza bisogno di ulteriori tagli», quel risultato.

IN REALTÀ L’OSTACOLO C’È e Tria lo vede tanto bene che a segnalarlo è proprio lui: «Stiamo vedendo come dimostrare all’Europa che i risparmi su Quota 100 e Reddito di cittadinanza ci sono». Lo scoglio è quello e scopriremo solo nei prossimi giorni se è davvero l’unico. Il problema è che quei risparmi, nelle stime del governo e in quelle del presidente dell’Inps Pasquale Tridico, rappresentano una porzione essenziale dei fondi messi sul tavolo dall’Italia per abbassare di tre decimali il deficit, previsto nel Def al 2,4%. Ma solo di previsioni può trattarsi perché, in linea di principio, nulla assicura che le cose, nella seconda metà dell’anno, vadano come nella prima e che di conseguenza le previsioni diventino miliardi sonanti. Non è solo questione di ragioneria naturalmente. Anche se descritti come provvidenziali risparmi, quei fondi suonerebbero a Bruxelles come tagli, o almeno taglietti, sulle due detestate misure (anche se in realtà nel mirino della commissione c’è soprattutto Quota 100).

PER ORA PERÒ quei miliardi dovranno restare virtuali e non è detto che la commissione europea si accontenti. Le indiscrezioni che filtrano da palazzo Berlaymont, al contrario, dicono che la propensione dei commissari, per ora, resta rigida e orientata a formalizzare, il prossimo 2 luglio, la richiesta di procedura. Ma la sensazione che per la prima volta il clima complessivo registri una schiarita è netta.

In parte il relativo rasserenamento dipende dall’assegnazione delle Olimpiadi invernali all’Italia, segnale politico di fiducia non trascurabile. Ma ci sono diverse reazioni, a Roma, che indicano la possibilità di evitare in extremis la procedura. Il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti, senza calcare la mano ed esagerare in ottimismo, racconta comunque che «le trattative sono migliori di qualche giorno fa e c’è la volontà politica di arrivare a una soluzione». Il forzista Renato Brunetta, che è sempre tra i meglio informati, per la prima volta accenna a un’uscita positiva dalla richiesta di procedura, sia pure subordinata alla garanzia che «i tagli» su Quota 100 e Reddito ci saranno davvero. Persino il Pd mette le mani avanti. Il responsabile dell’Economia Misiani twitta infatti che «il governo fa il gioco delle tre carte. I problemi sono rimandati a settembre».

IN PARTE È VERO. Se anche il governo uscirà indenne da questa richiesta di procedura la partita sulla legge di bilancio sarà ancora tutta da giocarsi. Ma si tratterebbe di uno scenario tutto diverso perché, se l’avvio di procedura il 9 luglio comporterebbe probabilmente la crisi di governo e le elezioni, dopo la pausa estiva, anche a fronte di una crisi, non è affatto detto che il capo dello Stato scioglierebbe le camere senza prima adoperare tutti i mezzi a sua disposizione per rinviare almeno di qualche mese l’apertura delle urne. E’ inoltre chiaro che, con alle spalle una procedura minacciata e poi evitata senza dover ricorrere a una vera manovra correttiva, l’Italia si presenterebbe all’appuntamento con la manovra in posizione molto più forte.

Sempre che la commissione accetti davvero le cifre che l’Italia definirà oggi e inoltrerà a Bruxelles subito dopo. Molto dipenderà, come sempre, dai toni. Matteo Salvini non rinuncia ai toni bellicosi: «Un impegno sulla riduzione del deficit anche nel 2020? Manca solo che ci chiedano anche l’impegno alla genuflessione costante». Ma la stretta reale inizierà in realtà solo domani e arriverà sino al 2 luglio: sei giorni in cui anche le parole saranno pietre.