Sei, gli ultimi tre ieri. Il contagio si estende tra i parlamentari della Repubblica e crescono i dubbi sulla effettiva possibilità delle camere di restare al centro del sistema dei poteri. Proprio nel momento in cui l’epidemia spinge il governo a scelte estreme. Per ogni deputato o senatore contagiato tanti sono costretti a chiudersi in casa in isolamento volontario. Nelle ultime sedute di camera e del senato, quattro giorni fa, il numero legale è stato raggiunto a fatica. Adesso sembra già fuori portata per le quarantene.

Mercoledì era a Montecitorio Luca Lotti, l’ex sottosegretario Pd, deputato che per terzo ha annunciato di essere positivo al tampone. Non c’erano Chiara Gribaudo e Anna Ascani, Pd entrambe, la seconda viceministra all’istruzione. Ieri hanno comunicato di essere state contagiate, così come un altro componente del governo, il viceministro 5 stelle Pierpaolo Sileri, medico e rappresentante fisso del ministero della salute negli studi tv, anche questa settimana. Stanno tutti bene, Ascani e Sileri hanno lievi sintomi; la deputata era da giorni in isolamento perché è vicepresidente del Pd quindi in contatto con Zingaretti. Il segretario, primo politico di rilievo ad annunciare la sua positività, ieri ha comunicato di aver cominciato una terapia antivirale, in genere somministrata se alla febbre si associa una patologia respiratoria. Ha fatto sapere che continua a lavorare.

Ma è la funzionalità del parlamento che preoccupa, mentre il governo va avanti soprattutto con atti amministrativi sottratti al controllo di Quirinale e camere (i sette Dpcm). O con decreti, il terzo arriverà oggi, che senza parlamento non potranno essere convertiti e si rischia di doverli reiterare, prassi fermata un quarto di secolo fa dalla Consulta. I capigruppo di maggioranza chiedono di unificare tutte le misure in un unico decreto, intanto sale la richiesta di una modalità di partecipazione ai distanza ai lavori del parlamento, esclusa fino al 4 marzo – a emergenza già scoppiata – dal presidente della camera Fico (e dagli uffici di Montecitorio). La soluzione cautelativa di consentire l’accesso in aula a un numero artificiosamente limitato di deputati ha mostrato subito la corda. «Il parlamento non può essere limitato dall’assenza di una parte crescente dei suoi componenti o da procedure discutibilmente semplificate – ha detto ieri il deputato Pd Orfini – La tecnologia consente ormai di far partecipare chi non può raggiungere l’aula». Dichiarazioni simili hanno fatto i Pd Bordo e Fiano, anche se nel partito nei giorni scorsi si sono fatti sentire anche i contrari al voto a distanza. E contrari ci sono anche in Forza Italia e Iv.

«E’ una questione seria che merita di essere esaminata bene prima di scartarla sull’altare di formalismi ed esercitazioni retoriche belle da pronunciare ma che rischiano di essere travolte dalla realtà», dice il senatore Pd Dario Parrini, uno di quelli costretti alla quarantena per aver partecipato a una riunione con Lotti. E un altro deputato in isolamento, negativo al tampone, Riccardo Magi di +Europa (siede vicino a un collega positivo) fa notare che il tabù della partecipazione a distanza è già stato infranto mercoledì, quando il ministro Gualtieri ha partecipato alla seduta delle commissioni sullo scostamento di bilancio: non era (solo) un’audizione, visto che la presenza del governo era obbligatoria. Per Magi il voto a distanza potrebbe essere consentito solo per l’emergenza con delibera del presidente e il supporto della giunta del regolamento. «Se invece si vuole ascoltare chi più prudente considera indispensabile la presenza – aggiunge – si potrebbe attrezzare tutto il Palazzo per accogliere i deputati a debita distanza, collegandoli in videoconferenza. Ma le procedure di sicurezza sarebbero complicate e andrebbero tutti tenuti prima in isolamento e testati». Le sedute di camera e senato sono già saltate fino al 25 marzo, almeno