Altro che sbloccare i cantieri per rilanciare l’Italia. Il Decreto Legge che è in corso di approvazione alla Camera fotografa appieno l’assenza di idee e la confusione della maggioranza gialloverde. L’unica certezza è che l’effetto sarà pessimo per il Paese, verranno infatti abolite alcune norme del Codice degli appalti che erano state introdotte proprio per fermare le infiltrazioni della criminalità organizzata e del malaffare riscontrate nei cantieri. Basta qualche esempio a far capire lo scenario che si andrà ad aprire.

Per le opere fino a un milione di Euro si potrà fare a meno di gare, semplicemente si potrà chiamare alcune imprese e contrattare direttamente con loro. Inoltre, le imprese potranno affidare il 40% dei lavori in subappalto senza neanche dover segnalare prima chi verrà coinvolto a realizzare i lavori.

Non solo, si torna ad affidamenti delle opere con appalti integrati, lasciando dunque ai privati anche la progettazione, mentre per l’affidamento dei lavori si potrà procedere con il massimo ribasso invece che con l’offerta economicamente più vantaggiosa in cui è premiata anche la qualità della proposta.

In sostanza si torna alla stagione della Legge Obiettivo, tanto che si prevede un grande uso di commissari per sbloccare le opere con poteri ampissimi, ma senza Berlusconi. Mentre il Cavaliere ci aveva abituato a comizi incentrati sul taglio di «lacci e lacciuoli», qui ci si accontenta di un compromesso al ribasso fatto di vecchie e fallimentari ricette. Basta avere un minimo di memoria per ricordarsi che furono i disastri del Mose e della Tav, con costi cresciuti esponenzialmente e ritardi di anni, a convincere che bisognasse abbandonare procedure di cui beneficiavano solo le imprese private.

Sono le parole di Papa Francesco a spiegare con grande chiarezza come le pubbliche amministrazioni non rispettano la dignità del lavoro «quando indicono appalti con il criterio del massimo ribasso. Proprio perché credendo di ottenere risparmi ed efficienza, finiscono per tradire la loro stessa missione sociale al servizio della comunità». Il Decreto è un campionario di modifiche e deroghe alle norme vigenti nel tentativo di rendere più facile la realizzazione di opere pubbliche, ma in realtà l’effetto sarà di ridurre trasparenza e concorrenza. È del tutto evidente che se si abolisce l’elenco dei subappaltatori non si velocizzano i cantieri ma piuttosto si rende più difficile il lavoro di chi ha il compito di controllare che non vi siano imprese in odore di mafia. Allo stesso modo consentire affidamenti diretti senza gare, per i lavori e per i servizi, è un incredibile regalo alle ecomafie che gestiscono il trasporto di rifiuti, materiali e i movimenti di terra nei cantieri. Di sicuro in opere gestite in questo modo si allargano gli spazi per il lavoro nero e precario.

La novità politica è che protagonisti di questo compromesso al ribasso sono i Cinquestelle, quando proprio sulla lotta al malaffare e per la trasparenza avevano costruito una parte importante della loro identità di movimento anti sistema. Il peso delle loro idee lo si riconosce nel fatto che l’efficacia di queste modifiche terminerà nel 2021, in tempo per una riforma organica delle regole che se costruita su queste basi appare quantomai pericolosa.
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A preoccupare però è soprattutto il vuoto di idee e la lettura che viene proposta delle ragioni per cui gli investimenti nel nostro Paese sono fermi.

La nota positiva sta nel fatto che contro questo provvedimento si è costruito un fronte con sindacati, associazioni, ma anche i costruttori dell’Ance che hanno preso le distanze da Confindustria. Non era affatto scontato, ed è da qui che dobbiamo ripartire per costruire consenso intorno a un progetto di rilancio del Paese che punti sulle opere davvero utili e attraverso procedure capaci di garantire trasparenza e qualità dei progetti.

* Vicepresidente Legambiente