All’inizio ci sono i suoni: è una sinfonia frammentata, che si interrompe e riprende, come se ci fosse qualcuno ad aprire porte invisibili per liberare improvvise sequenze sonore. Poi, avvicinandosi alla sala (quella grandissima stanza della morte dove venivano lavorati i suini, alla Pelanda, la «camera dark» del Mattatoio) la musica degli strumenti s’ingarbuglia con il ronzio insistente delle mosche, l’insetto che più di tutti narra il tempo sospeso dell’estate e, anche, la fine del corpo. EVANESCENTI, quelle mosche fanno i nidi nelle maniche dei costumi dell’Accademia nazionale di danza: cinquanta esemplari di abiti che trasudano storia – raccontando tra...