Mapping Amazon è un progetto di mappatura delle strutture di distribuzione di Amazon negli Stati Uniti, che permette di comprendere le motivazioni dietro alle scelte di apertura di nuovi centri e di analizzare la aree di copertura di spedizioni. Charmaine Chua, assistant professor presso la University of California, organizza insieme al movimento Amazonian United scioperi e mobilitazioni dei lavoratori della piattaforma per «porre fine al dominio del management nei nostri luoghi di lavoro». Questo, insieme a tanti altri progetti di cartografie strategiche e contro-mappatura, è stato parte del programma di Transmediale, festival di arte e cultura digitale che si tiene a Berlino dal 1988, e la cui ultima edizione, tenutasi dal 1 al 5 febbraio alla Akademie der Künste, aveva come titolo A model, a map, a fiction.
Uno dei temi generali è stata la rappresentazione dello spazio, visiva o sonora, e come questa si presenti nelle sue forme computazionali, politiche, artistiche.

Si è affrontato il tema della mappatura come bias, come distorsione che è anche lettura sul mondo, insieme al progetto Worlds in Figures di Evan Roth, nel quale ha catalogato 130 proiezioni del planisfero dal 150 a.C. fino al 2018, mostrando come di volta in volta le rappresentazioni siano affette da ideologie o visioni coloniali. Non sono mancati i riferimenti e i progetti rivolti al tema della guerra, come il workshop Applied Demonology di Anna Engelhardt e Mark Cinkevich, che tramite il timelapse di Google Earth hanno mostrato l’impatto dell’espansione russa in prossimità delle stazioni militari della penisola della Crimea. O ancora le questioni ecologiche, nel panel How Water Calculates con le ricercatrici AM Kanngieser, Antonia Hernández, Laura Cugisi, e Su Yu Hsin sull’acqua come indicatore dell’antropizzazione e la presentazione di progetti artistici sul tema.

UN’ALTRA QUESTIONE che il festival ha voluto esplorare è quella della scalabilità, ovvero «come la scala tecnologica impone le condizioni per le relazioni, i sentimenti, i processi democratici e le infrastrutture». I riflessi del quesito sono molteplici: la creazione di progetti alternativi alla grande industria digitale (si pensi a social network distribuiti o a servizi di messaggistica), spesso costruiti da comunità specifiche per soddisfare i loro specifici interessi, possono puntare a scalare fino a un assetto globale, oppure la dimensione è essa stessa una proprietà con implicazioni sui processi di democratizzazione, accessibilità e controllo? La stessa domanda può essere rivolta a progetti non strettamente digitali, ma produttivi, sociali, logistici.
E sempre a un problema di scala, o di scalabilità, si riconduce il tema dell’intelligenza artificiale, nello specifico al contesto dei modelli per l’elaborazione del linguaggio naturale. Come osservano le ricercatrici Camille Chrichlow e Susanne Forster, le tecnologie Nlp sono basate sulla promessa che maggiori sono i dati utilizzati nell’addestramento del modello, meglio questo performerà, con particolare riferimento alle tecnologie Transformer introdotte da Google nel 2017. Ma l’aggregazione che ne risulta tenderà a rappresentare principalmente tratti culturali egemonici marginalizzando quelli in minoranza, e con l’autonarrazione di presentare un prodotto culturalmente omogeneo.

COME RICORDATO con una citazione di Anna Tsing, la scalabilità di un sistema si vede nella sua capacità di espandersi senza cambiare la propria natura, e per questo essa è requisito essenziale nelle piattaforme e nei servizi del capitalismo digitale. Può allora una tecnologia scalare, se al cuore del suo funzionamento ci sono processi definiti e costruiti su misura di una piccola comunità? Una parziale risposta è arrivata quando a seguito dell’annuncio di Twitter da parte di Elon Musk una grandissima fetta di utenti ha cercato nuovi approdi, e il social network Mastodon ha registrato un incremento da 500mila a 2 milioni di utenti in un mese. La struttura su cui Mastodon si basa, il Fediverso, è un insieme di server federati che possono comunicare tra loro sebbene siano ospitati indipendentemente l’uno dall’altro, operando secondo politiche e strategie differenti. L’afflusso ha quindi portato al tempo stesso all’estensione di alcuni server ma anche all’aumentare del loro numero, ognuno ridefinendo in parte la propria natura, in un processo che possiamo considerare una scala in proliferazione, consentendo una conservazione delle peculiarità delle singole micro-istanze.

La suggestione che esce da questa edizione di Transmediale è che nello sviluppo di strumenti tecnici il dialogo con saperi umanistici e artistici può anche essere il modo per accorgersi di attributi spesso considerati necessari nella progettazione di piattaforme ma che invece sono determinati socialmente, quindi riconsiderati.