«Tanti milioni di anni fa, sul pianeta Cybertron, esisteva una strana forma di vita: robot intelligenti, robot capaci di pensare e di provare sentimenti, sentimenti di gioia e di dolore. Essi erano divisi in due fazioni: i malvagi Distructor, il cui unico scopo era il dominio totale su Cybertron e quindi la distruzione dei loro rivali, e gli Autorobot, amanti della tranquillità e della pace. E mentre infuriava la lotta tra il bene e il male, il pianeta Cybertron, una volta ricco di risorse energetiche, per colpa dei Distructor si andava sempre di più esaurendo. Così, alla fine, le sorti della guerra tra Distructor e Autorobot potevano venire decise solamente da chi, per primo, avrebbe trovato nuove fonti di energia».
Iniziava così, con una voce fuori campo e poche informazioni base, la serie animata Transformers G1. Un anime giapponese scritto per il piccolo schermo e prodotto da una delle più grandi aziende di giocattoli del mondo (Hasbro). Un cartone animato per la TV dei ragazzi. Una saga che ha stregato intere generazioni di bambini. E su tutti, uno.
Se l’arte incontra lo sfasciacarrozze
Parliamo di Danilo Baletic. Classe 1992, nato e cresciuto in quella che fu Titograd, oggi Podgorica. Il venticinquenne scultore montenegrino arriva in Italia con la prima tappa di un tour mondiale: «Transformers Art», una personale che raccoglie gigantesche opere in metallo assemblato, realizzate dall’artista con materiali recuperati in discarica. «Forse inconsciamente, l’uomo allontana sistematicamente il pensiero dei rifiuti», spiega Baletic. «Non si cura dell’accumulo di materiali in discarica e tantomeno dell’inquinamento ambientale. Non ragiona in termini di ciclo di vita di un oggetto. O perlomeno evita di farlo se non di fronte a situazioni di emergenza». «Transformers Art» è un laboratorio di arte e riuso creativo, fra tecnologia e questione ambientale. La mostra, promossa dalla Galleria d’arte moderna di Vienna Baha FIne Art, è ospitata dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, in via San Vittore 21, dove resterà fino a maggio. Dopo Milano, il progetto di Baletic raggiungerà la Danimarca e a Londra, per poi viaggiare dall’Europa all’Asia passando per gli Stati Uniti (transformers-art.com).
Ma chi sono questi Transformers?
Macchine senzienti in grado di cambiare configurazione in un modo peculiare, unico, e che vivono nascosti sul nostro pianeta sotto le spoglie di comuni autoveicoli – vetture sportive, utilitarie, autoarticolati, mezzi da lavoro – trasformandosi all’occorrenza in robot antropomorfi. Giganteschi, come i veicoli che custodiscono la loro duplice natura. Sono spigolosi, colorati, immagini di un’anatomia aliena fatta di ruote, alettoni, portiere, fanali.
A far la parte dei buoni ci sono gli Autorobot, il cui simbolo è un volto robotico severo di colore rosso. Alla loro guida c’è Commander (Optimus Prime nella versione inglese). Gli spietati Distructor invece hanno come simbolo un volto robotico maligno di colore viola e seguono gli ordini di Megatron, a cui Baletic ha dedicato la scultura più maestosa della sua collezione: 14 metri di altezza per oltre 20 tonnellate di peso.
I robot, la crisi energetica e la guerra del Golfo
Ma facciamo un passo indietro: torniamo alla prima puntata della serie G1 e al bambino che fu Baletic, seduto di fronte alla TV di casa. Il cartone animato che sta guardando mostra una colonia di robot – gli Autorobot – in fuga da Cybertron. I Distructor li inseguono. Segue sparatoria nello spazio e atterraggio di fortuna su un pianeta sconosciuto, la Terra. Primi segni di civiltà compaiono qualche minuto più tardi: ecco una centrale elettrica costruita in mezzo al deserto. Poi, in mezzo al mare, spunta una piattaforma petrolifera. I Distructor fanno incetta di energia riempiendo cubi di energon (kilowatt in salsa cybertroniana), mentre gli Autorobot difendono le minuscole vite umane in fuga, terrorizzate dalla minaccia aliena.
Ricapitoliamo: una civiltà tecnologicamente sviluppata sta vivendo la sua più grave crisi energetica. A rischio sono gli abitanti di tutto il pianeta, che di energia non possono più fare a meno. In pericolo è lo stesso destino di Cybertron, vessato da guerre e sfruttamento delle risorse naturali. C’è bisogno di nuove fonti di energia. Senza di loro tutto è destinato alla rovina. Sembra il Medio Oriente della crisi petrolifera degli anni Settanta raccontato «in fiaba» ai bambini, farcito delle conseguenze più estreme.
Non c’è da stupirsi. Dietro la saga dei Transformers c’è Kunio Okawara, il disegnatore del mitico Gundam. La progettazione meccanica dei robot giocattolo, quello che tecnicamente viene definito mecha design, va ben oltre le frontiere di un cartoon da science fiction: prima di essere una macchina antropomorfa Commander, il leader degli Autorobot, è anzitutto un autoarticolato Freightliner COE a doppio asse. Megatron è una Walther P38. Saetta, una Lancia Stratos. Astrum, un F-15 Eagle. Tigre, una Porsche 935 Turbo. Memor, un radio-registratore stereo portatile. Doc, un’ambulanza Nissan minivan Vanette. Devastator, l’unione di sei mezzi da cantiere: un autocarro, una betoniera, un’autogru, un escavatore, un bulldozer, una pala caricatrice gommata. E Maggiolino, manco a dirlo… una giallissima Volkswagen. Un capolavoro di meccatronica, robotica e intelligenza artificiale: trent’anni di storia alle spalle e tutta l’avanguardia della ricerca scientifica.
Goldrake al CERN di Ginevra
Pensate che la liaison fra arte, scienza e Transformers sia un caso isolato? Vi sbagliate.
Ricordate Glodrake: l’avanzatissimo robot da battaglia portato sulla Terra dal principe Duke Fleed, in fuga dalle forze di Vega? Salvo per miracolo viene curato, non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo, da uno scienziato: il dottor Procton, direttore dell’istituto di ricerche spaziali, che nasconde il principe, lo finge suo figlio Actarus, e per lui costruisce un gigantesco laboratorio tecnologico capace di ospitare il robot. Sottoterra, nel cuore di una montagna. Il cartoon viene lanciato in Italia come Atlas Ufo Robot.
Al confine tra Svizzera e Francia, alla periferia ovest della città di Ginevra, nel comune di Meyrin, ha sede l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare. Più comunemente conosciuto come CERN, ospita il più grande esperimento scientifico mai costruito dall’uomo: il Large Hadron Collider, un acceleratore di particelle scavato nella montagna a 100 metri di profondità. Un tunnel di 27 km che può raggiungere il più alto livello di energia mai prodotto in laboratorio. Le particelle corrono nel tunnel a una velocità prossima a quella della luce.