Non averla mai incontrata eppure avere trascorso con lei pomeriggi assolati, attraversato bufere e pilotato aerei perché certamente imbattersi in Sophie, Will, Feo, Lila, Max, Con e Fred dà la presunzione della conoscenza e l’illusione della confidenza.

Katherine Rundell, classe ’87, originaria dello Zimbabwe trapiantata in Inghilterra, vincitrice di prestigiosi premi letterari, in Italia Andersen 2017 con La ragazza dei lupi e finalista dello Strega Ragazzi con Capriole sotto il temporale si è fatta amare dal pubblico italiano anche con Sophie sui tetti di Parigi e L’esploratore, suo ultimo romanzo d’avventura (come gli altri, edito da Rizzoli). A ottobre, tornerà fra gli scaffali con I ladri di New York, «un libro molto diverso da tutti quelli su cui ho lavorato fino a oggi».

Questa primavera è uscito un piccolo pamphlet dalla copertina rossa, dal numero esiguo di pagine eppure di contenuto fondamentale: Perché dovresti leggere libri per ragazzi anche se sei vecchio e saggio (Rizzoli). «Ricordo l’infanzia come un tempo in cui il mondo era spettacolare, terrificante e gioioso in egual misura. Siamo persone così speciali quando siamo bambini e il mondo per noi è ancora tutto nuovo – spiega – . Con la pandemia gli aspetti più destabilizzanti dell’infanzia sono stati percepiti in modo travolgente; i più piccoli avranno bisogno di trovare sicurezza in antichi giochi, vecchi libri e altrettanto vecchie verità. In questo senso, un libro sfacciatamente onesto è Five Children and It (a book about wonder) di Edith Nesbit: i bambini sono pieni di paure a volte, commettono errori ma possiedono speranza e perseveranza, non ancora scalfite dal tempo».

I suoi personaggi hanno spesso alcuni tratti tipici degli eroi/eroine dei romanzi classici per ragazzi. Quali sono invece i tratti che li rendono contemporanei?
Ho sempre ritenuto che i bambini di cui scrivo dovessero essere proprio come quelli reali, cioè capaci di mille cose, buone e cattive. Grande coraggio, paura, interessi personali, stranezze, confusione, intelligenza, gioia, autonomia. Soprattutto, desideravo che fossero spinti dalle circostanze della vita al loro limite estremo e pronti a sperimentare. Pensare a come ci comportiamo quando siamo stimolati dalla bizzarria del mondo.

Esistono «buone storie» per lettori giovani? Come si distinguono?
Le buone storie raccontano appetiti selvaggi e risvegliano eroico ottimismo, non sono né semplici né lineari, non sono educative e didascaliche. Come le fiabe, che in origine affrontavano fame, conflitti, ingiustizie, riattivando l’ingegno dei personaggi proprio al limite della loro sopravvivenza. Poi sono arrivati i personaggi Disney a ripulire e mettere in ordine, edulcorando il nostro immaginario. Penso che i libri Disney possano realmente essere divertenti per i bambini e introdurli alla lettura, non sono «cattivi» in sé, ma sono realizzati a tavolino per creare profitto e non sono scritti – come invece i migliori libri – per raccontare qualcosa di urgente, vivo e importante né per infondere speranza e curiosità del mondo.

In Italia si sta diffondendo un importante filone di pubblicazioni di divulgazione scientifica illustrata. In fondo, anche un romanzo come «L’esploratore» può dare un contributo…
Amo i libri scientifici ma sono assolutamente d’accordo: anche la narrativa può accendere la passione per il mondo naturale. Nelle mie intenzioni L’esploratore doveva permettere ai bambini di immaginare la bellezza selvaggia del pianeta, attivando in loro il desiderio di proteggerla.

I suoi personaggi hanno alle spalle differenti background e lei stessa ha vissuto realtà molto variegate. Come scrive nel suo saggio, c’è bisogno di storie con bambini diversi…
Capriole sotto il temporale è liberamente tratto dalla mia infanzia in Zimbabwe, un luogo che ho amato e conosciuto profondamente. Non vedo l’ora che vengano fuori altri scrittori dello Zimbabwe che testimonino la loro esperienza personale in quel paese. Oggi è necessaria una molteplicità di voci autentiche che raccontino storie diverse. In Inghilterra abbiamo ascoltato troppo a lungo voci simili narrare le stesse storie.

I tre libri che si dovrebbero assolutamente leggere prima dei 13 anni e i tre titoli di letteratura per ragazzi che si dovrebbero riprendere fra le mani da grandi…
Vita stregata di Diana Wynne Jones, L’orso Paddington Michael Bond e Pinocchio di Carlo Collodi. Sono stati più che appaganti anche da adulta. Ma posso aggiungere I Moomins di Tove Jansson e Lo Hobbit, libri audaci, originali e pieni di fantasia.

Durante la quarantena per il Covid ha coordinato un progetto a supporto dei bambini: in cosa consiste?
Si tratta di un libro intitolato The Book of Hopes: ho contattato più di cento autori e illustratori, chiedendo loro di scrivere una storia o una poesia di sole 500 parole, che non fosse necessariamente «sulla» speranza ma che potesse «creare» speranza. Volevo che i bambini potessero immergersi e riaffiorare guardando il mondo con occhi nuovi. Credo che le storie per l’infanzia, proprio quando sono così distillate possano avere l’effetto di una vodka letteraria: un sorso intossicante.

Leggendo i suoi romanzi ci si imbatte in frasi che somigliano a formule magiche, motti di incoraggiamento….
Il mio preferito si trova tra le pagine di Sophie sui tetti di Parigi: «mai ignorare una possibilità». Il mondo è pieno di occasioni di stupore, rinunciare alla speranza sarebbe un grave errore.