Quando qualcuno vuol far sentire qualcun altro una merda, c’è una parola che più di altre racchiude la summa delle offese e del disprezzo, puttana. Usato da uomini e donne che si ritengono intoccati dalle schifezze, quel vocabolo è poi declinato in una serie di epiteti quali figlio/a di puttana, vai a farti fottere, troia, zoccola. Ecco che cosa ha scritto Alessandro Di Battista su FB in difesa di Virgina Raggi: «L’hanno trattata come una mafiosa. L’hanno descritta come una ladra, l’hanno accusata di corruzione non si sa poi davvero perché. E soprattutto hanno provato a colpirla come donna trattandola persino come una ragazza dissoluta, come una cortigiana moderna, come una sgualdrina. Le hanno appioppato una relazione sessuale dopo l’altra provando a colpirla nei suoi affetti, nella sua famiglia. Nei suoi confronti hanno avuto vomitevoli atteggiamenti maschilisti. E le false femministe nostrane, quelle a targhe alterne, quelle che senza nemmeno rendersene conto sono le migliori amiche del più becero maschilismo, non hanno aperto bocca. Oggi la verità giudiziaria ha dimostrato solo una cosa: che le uniche puttane qui sono proprio loro, questi pennivendoli che non si prostituiscono neppure per necessità, ma solo per viltà».

SONO frasi che illuminano i profondi moti del Di Battista pensiero. Dopo aver elencato le nefandezze attribuite, secondo lui, alla Raggi, tira fuori quella che a suo parere è la peggiore, ovvero che l’hanno trattata persino, e sottolineo persino, come una ragazza dissoluta che ha una relazione sessuale dopo l’altra, e quindi una sgualdrina. Ne deduco che per Di Battista una donna che ha svariati rapporti sessuali con uomini diversi è una poco di buono. Ne deduco anche che il suo universo ideale risale a qualche decennio fa, quando le donne venivano divise fra per bene perché devote e per male perché si davano al divertimento fra le lenzuola. Sante e puttane, appunto. E qui veniamo al secondo prolema, quello dello stigma sociale che addossa solo alle donne prostituite la colpa della prostituzione. Vorrei far notare a Di Battista, ma anche a tutti coloro che più o meno palesemente disprezzano le donne prostituite, che il mercato del sesso esiste prima di tutto perché c’è una fortissima domanda. E da chi proviene

E DA CHI PROVIENE quella domanda? Da certi maschi e da una mentalità patriarcale che trova più comodo pagare una donna per usare il suo corpo piuttosto che costruire una relazione affettiva ed erotica. I suddetti signori si chiamano clienti e non sono di certo messi bene, perché se un uomo ha bisogno di tirare fuori dei soldi per poter fare sesso, vuol dire che dovrebbe farsi qualche domanda su chi è e come vive. Accanto a costoro c’è una nutrita schiera di altri maschi che guadagnano su quel commercio. Costoro si chiamano magnaccia, trafficanti o papponi e sono forse ancora più spregevoli dei clienti perché lucrano su un traffico di corpi altrui. Sul suo profilo Linkedin Alessandro Di Battista si definisce Professionista nel settore Media on line. Reporter. Esperto Tematiche Sud America per il blog Beppe Grillo e la Casaleggio Associati. È quindi, o ambisce essere, giornalista e di sicuro è mosso dalle più nobili intenzioni, come dimostrano le sue precedenti occupazioni in monitoraggio di progetti di sviluppo in Guatemala e Congo.
Però, alla luce di quanto ha scritto sui suoi colleghi, ci si sente obbligati a fargli una domanda. Visto che per lui i giornalisti sono puttane, in quale dei tre settori della prostituzione vorrebbe essere inquadrato? Donna prostituita, cliente o pappone? Io per me ho già scelto. Puttana.

mariangela.mianiti@gmail.com