Dopo oltre due anni di battaglie a colpi di valutazioni e analisi di alimenti, minacce di azioni legali e scandali e dopo l’iniziativa dei cittadini europei più sentita e veloce di sempre, sembra giunta alla fine la «glifosaga».

La maggioranza dei Paesi membri dell’Unione europea, infatti, riuniti in seduta di Comitato d’appello a Bruxelles, ha votato a favore del rinnovo dell’autorizzazione del glifosato per altri cinque anni. A favore si sono espressi 18 Paesi, 9 i contrari e 1 astenuto. A modificare gli equilibri rispetto alla riunione del Comitato del 9 novembre, è stato il voto favorevole di Romania, Bulgaria, Polonia e Germania, che in precedenza si erano astenute, ma è stato principalmente il voltafaccia tedesco a decidere le sorti. Un voltafaccia che solo con molta fatica non fa pensare che l’acquisizione della Monsanto da parte della Bayer non abbia influito sulla partita.

L’Italia ha tenuto fino alla fine una posizione di tutto rispetto e responsabilità, restando – e guidando, insieme a Francia e Austria – i nove Paesi che hanno votato contro la proposta di rinnovo (Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Lettonia, Cipro e Malta), e chiedendo un definitivo phase-out del diserbante più venduto al mondo. Un «fronte del no» che ha dato la priorità alla tutela delle persone e dell’ambiente, e non al fatturato di chi produce e commercia il glifosato.

Il voto di ieri ha portato a un rinnovo che in realtà scontenta tutti. Che nei fatti è un regalo alle multinazionali agrochimiche a scapito di salute e ambiente. Un voto che ha tradito la fiducia dei cittadini europei, ignorando gli avvertimenti di scienziati indipendenti, le richieste del Parlamento europeo e la petizione firmata da oltre un milione di persone che chiedono il divieto del glifosato.

Non si può dimenticare, infatti, che la proposta della Commissione Ue è basata su una dubbia valutazione del rischio del glifosato, che afferma che non vi sono prove sufficienti per un legame della sostanza al rischio di cancro, nonostante l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) lo abbia classificato nel marzo del 2015 come «probabilmente cancerogeno» per le persone.

Allo stato attuale nessuno può affermare con certezza che il glifosato sia sicuro, specie dopo le rivelazioni che stanno continuando a emergere grazie ai cosiddetti Monsanto Papers e lo scandalo del «copia-incolla», relativo a parti del rapporto dell’Efsa sui rischi dell’uso del glifosato copiate dalla richiesta di rinnovo dell’autorizzazione di Monsanto.

In definitiva, anche se le aziende agrochimiche si stanno lamentando dato che il rinnovo è limitato a 5 anni e non ai 15 attesi, ieri si è persa l’occasione di sbarazzarsi, una volta per tutte, di una sostanza pericolosa.

* responsabile campagna Agricoltura di Greenpeace Italia